Quando l’Inquisizione vietava il termine Immacolata

Quando l’Inquisizione vietava il termine Immacolata

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(a cura di Francesco Gastone Silletta – Edizioni La Casa di Miriam)

 Il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria ha impiegato quasi due millenni per imporsi in seno alla Chiesa cattolica attraverso una definizione ufficiale (Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus, 8 dicembre 1854). Perché così tanto tempo? Una ricostruzione storica “apodittica” rispetto alle vicende teologiche che hanno caratterizzato il dibattito sull’Immacolata Concezione sembra non essere perfettamente possibile. Troppe le paure, in seno a certi ambienti teologici, di scalfire l’immagine o la grandezza di alcuni dottori particolarmente cari a determinati pulpiti dogmatici o a certi ordini religiosi, come per esempio quella di sant’Agostino, di san Tommaso o di san Bernardo in particolar modo. Eppure lo slancio teologico verso il riconoscimento dell’Immacolata Concezione, da sempre intrinsecamente vivo in seno all’economia dei Padri, per primi, e poi dei grandi dottori medievali, ha ricevuto un particolare freno urticante proprio da una controparte teologica, per nulla minoritaria né meno dogmaticamente edotta, capace di rallentare di secoli e secoli la devozione a Maria Immacolata, concepita senza peccato originale. Uno dei maggiori mariologi di ogni tempo, il Laurentin, ha dedicato pagine importanti ad una ricostruzione storica la più oggettiva possibile rispetto a questo rallentamento teologico della credenza nell’Immacolata Concezione. Proponiamo allora qui di seguito alcuni estratti dal suo libro “La Vergine Maria” (titolo orig. “Court Traité sur la Vierge Marie” (1968), ed. Paoline, Roma 1970.

[pp. 91-92]: “Di per sé, il pelagianesimo era un’eresia che reagiva contro il pessimismo manicheo con un ottimismo eccessivo sulle capacità della natura umana, a detrimento della necessaria funzione della grazia. Durante la prima fase della sua controversia, Pelagio sollevò contro sant’Agostino il caso della Vergine, “che è necessario riconoscere senza peccato”. Nessuno finora aveva dato della santità di Maria una formula così netta, onde poteva sorgere la tentazione, in una controversia così ardente, di rifiutare la tesi dell’eretico. Sant’Agostino risolse al primo colpo la difficoltà in modo geniale, accettando l’affermazione del suo avversario, ma dandole un senso ben diverso: questa santità è una eccezione, essa ha come principio la grazia di Dio, non il solo libero arbitrio (cfr. De natura et gratia, 42). Il pelagiano Giuliano di Eclano, però, portò il conflitto su un punto più delicato: non più l’assenza dei peccati attuali, ma quella del peccato originale. Questo pelagiano era così il primo a negare esplicitamente che la Vergine avesse subito l’influenza del peccato di origine: “Per la condizione originale, che tu le attribuisci – obiettava ad Agostino – tu consegni al demonio Maria in persona”. Qui Agostino non ebbe la stessa padronanza che aveva avuto nel conflitto precedente e se la cavò con un testo equivoco, in cui si può vedere chiaramente, in definitiva, il progredire delle due esigenze della Tradizione, ma in cui tutti gli autori che verranno vedranno per lunghi secoli la negazione del privilegio dell’Immacolata Concezione. L’apparente difensore dell’Immacolata (Giuliano) è in realtà un eretico. Egli propone un attributo vero sotto una luce falsa: l’Immacolata Concezione non è per lui un privilegio unico, neppure un effetto particolare della grazia divina, ma la sorte comune di tutti i cristiani. Agostino ha ragione di opporgli il dominio universale del peccato originale e la necessità della grazia per vincere il peccato. Affermando il carattere unico del privilegio mariano, e il carattere di preservazione per mezzo della grazia del Redentore, che ne è l’essenza stessa, la definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione sarà infinitamente più vicina ad Agostino che al suo avversario. Tuttavia, per essere stata presentata in maniera prematura e caricaturale dagli eretici, ed aver subito per questo fatto l’opposizione di sant’Agostino, l’idea della concezione senza peccato di Maria sarà per lunghi secoli sospetta in Occidente. […]”

[p. 122]: “Il testo di sant’Agostino studiato sopra (cioè l’Opus imperfectum contra Iulianum), e le idee inesatte sul modo di trasmissione del peccato originale, bloccano ogni esplicitazione della fede nell’Immacolata. Nessuna festa liturgica impone ancora questo mistero all’attenzione”.

[p. 136, nota n. 7]: “San Bernardo fu così diffidente nei riguardi delle innovazioni, che si oppose all’Immacolata Concezione (Ep. 174) e mantenne il silenzio sull’Assunzione corporea. Spesso egli ha dato alle acquisizioni dei secoli XI-XII una impronta memorabile che ha trionfato in Occidente”.

[pp. 150-152]: “San Tommaso d’Aquino fa progredire l’essenziale con gli approfondimenti che apporta alla conoscenza del mistero di Maria, Madre di Dio, e della relazione che lo caratterizza. I mariologi si potranno forse rammaricare che egli, da questi presupposti, non abbia dedotto una sintesi mariana. Ma è veramente una deficienza il fatto che la Vergine non sia per lui l’oggetto di una scienza particolare, che egli ne parli “in situazione”, in funzione di Cristo, come gli altri dottori di questo tempo? C’è da dubitarne. Se avesse tentato una sintesi, d’altronde, questa sarebbe stata ostacolata dall’eredità di difficoltà relative all’Immacolata Concezione: difficoltà che egli non superò. Duns Scoto, pur senza attuare nemmeno lui una sintesi, apre una breccia in queste difficoltà. Quando egli comincia a insegnare a Parigi, negli ultimi anni del 13° secolo, l’Immacolata Concezione è universalmente misconosciuta dai teologi. Così egli non poté proporla che come una opinione, per timore di censura. […] La diffusione della credenza immacolista non deve farci sopravvalutare questo periodo, laddove si constata la diffusione delle idee lanciate da Scoto più che un progresso teologico propriamente detto. Dopo l’inizio del XV secolo non vi è più niente di importante da segnalare, ad eccezione delle importanti decisioni di Sisto IV, che adotta ufficialmente a Roma la festa della Concezione e protegge la dottrina immacolista contro i violenti attacchi del Bandelli”.

[pp. 162-166]: “Se si vogliono ricondurre tutte queste attività al loro oggetto teologico centrale, non vi è punto da esitare: è l’Immacolata Concezione. Questa credenza, ostacolata da gravi difficoltà teologiche e dal peso di autorità tanto considerevoli quanto san Bernardo e san Tommaso d’Aquino, è allora sospetta all’Inquisizione Romana, che esercita pressioni contro gli “immacolisti”, e finisce per formulare segretamente un decreto che proibisce il titolo di Immacolata Concezione. Più precisamente: non si doveva riferire l’aggettivo “immacolata” alla concezione di Maria, ma soltanto alla sua persona. Così si poteva dire: “La concezione della Vergine immacolata”, ma non “la concezione immacolata della Vergine”. A partire dal 1627, il decreto obbligò gli inquisitori ad intervenire più volte contro quei libri che portavano il titolo così proibito. Il decreto, reso pubblico nel 1644, mise i campioni dell’Immacolata in una situazione difficile. Nondimeno, alcune opere furono consacrate a tale questione. Gli autori impararono a diventare tanto più prudenti sui titoli delle loro opere, quanto più pubblicavano vicino a Roma. […] Si stenta oggi a farsi un’idea della violenza delle passioni che furono allora impegnate pro e contro questa dottrina (dell’Immacolata). […] Da un lato, coloro che negavano l’Immacolata (i cosiddetti “macolisti”) erano forti all’Inquisizione. Essi agivano nell’ombra. Dall’altro, gli “immacolisti” erano sostenuti dai prìncipi cristiani, in primo piano i re di Spagna. Questi mandarono appositamente a Roma tre solenni ambasciate con l’incarico di ottenere ad ogni costo una definizione di quella che allora si chiamava “la pia credenza”. […] Così tirata in tutti i sensi, la barca di Pietro avrebbe dovuto capovolgersi venti volte nell’incoerenza. Con l’aiuto dello Spirito Santo, invece, avvenne proprio il contrario. Nonostante la successione di papi, le cui tendenze personali erano diverse, le decisioni del Magistero supremo tracciano una linea ferma e coerente. Queste decisioni di carattere disciplinare, in cui si delinea lentamente e progressivamente un orientamento dottrinale, realizzano un triplice compito: ristabiliscono la pace, riducono progressivamente al silenzio gli avversari dell’Immacolata Concezione e preparano la via alla definizione del 1854. A questo riguardo, la tappa più notevole è la bolla Sollicitudo, promulgata l’8 dicembre 1661 da Alessandro VII. Senza condannare l’opinione contraria (che era ancora vietato attaccare), il papa vi dichiarò positivamente il favore della Santa Sede per l’Immacolata Concezione, precisava i termini teologici di questa credenza e vietava di attaccarla sotto qualunque forma. Ancora per un mezzo secolo, l’attività sempre più occulta dei “macolisti” terrà in sospeso i partigiani della “pia credenza”. Ma essi ormai non sono più che una piccola cricca che perde ogni anno terreno. I tomisti, che avevano combattuto i partigiani dell’Immacolata Concezione in nome di San Tommaso d’Aquino, ora dispiegavano tutta la loro ingegnosità per farne un immacolista misconosciuto. A metà del 18° secolo, dopo le ultime scaramucce e le ultime controversie, tutti sono stanchi. Il terreno è ingombro da una tale massa di opere, di autorità vere o fittizie, di distinzioni positive o strampalate, di esposizioni divergenti del mistero, da smarrircisi. Questo gigantesco lavoro non era stato inutile. Ma bisognava che si decantasse. Come dopo giorni di vane ricerche e di inestricabili riflessioni, lo scienziato trova talvolta nel sonno la soluzione che gli sfuggiva, così, al termine di un periodo sterile (1751-1851), la Chiesa tirerà fuori definitivamente la soluzione in cui si risolveranno tante divergenze e complicazioni (Dogma dell’Immacolata, 1854, n.d.A.)”.

Fonte: Francesco Gastone Silletta – Ed. La Casa di Miriam Torino (Studi mariologici) www.lacasadimiriam.altervista.org Utenti connessi

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