Il Lavoro e la Sacra Scrittura

Il Lavoro e la Sacra Scrittura

          “L’uomo, mediante il lavoro, deve procurarsi il pane quotidiano e contribuire al continuo progresso delle scienze e della tecnica, e soprattutto all’incessante elevazione culturale e morale della società, in cui vive in comunità con i propri fratelli. E con la parola «lavoro» viene indicata ogni opera compiuta dall’uomo, indipendentemente dalle sue caratteristiche e dalle circostanze, cioè ogni attività umana che si può e si deve riconoscere come lavoro in mezzo a tutta la ricchezza delle azioni, delle quali l’uomo è capace ed alle quali è predisposto dalla stessa sua natura, in forza della sua umanità. Fatto a immagine e somiglianza di Dio stesso nell’universo visibile, e in esso costituito perché dominasse la terra, l’uomo è perciò sin dall’inizio chiamato al lavoro. Il lavoro è una delle caratteristiche che distinguono l’uomo dal resto delle creature, la cui attività, connessa col mantenimento della vita, non si può chiamare lavoro; solo l’uomo ne è capace e solo l’uomo lo compie, riempiendo al tempo stesso con il lavoro la sua esistenza sulla terra. Così il lavoro porta su di sé un particolare segno dell’uomo e dell’umanità, il segno di una persona operante in una comunità di persone; e questo segno determina la sua qualifica interiore e costituisce, in un certo senso, la stessa sua natura[1].

          La religione cristiana ha introdotto una sostanziale correzione del disprezzo greco e latino del lavoro, “come più fondamentale significò la fine dell’idea che si potesse dare schiavitù di alcuni uomini per natura[2].

          La Sacra Scrittura, da un lato, condanna “il vano mormorare” (Sap 1,11), la calunnia (Sal 109,4), i diffamatori e i maldicenti (Rm 1,30), dall’altro esalta il diritto alla buona fama e la dignità di ogni persona[3]. Quanto al concetto di lavoro, poi, esistono testi che ne costituiscono i punti di riferimento fondamentali: Gen 1,28; 2,15; 3,19; 2Ts 2,7-12.

          Dopo aver creato l’uomo e la donna a sua immagine (e la somiglianza con Dio è già di per sé l’elevazione ad una dignità senza paragone), “Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra” (Gen 1,28).

          Queste parole di Dio, “anche se non si riferiscono direttamente al lavoro, indirettamente già glielo indicano al di fuori di ogni dubbio, come un’attività da svolgere nel mondo[4]. L’essere creato ad immagine di Dio spinge l’uomo a lavorare e a creare: come aggiunge l’enciclica Laborem exercens, “il lavoro va inteso come un’attività transitiva, cioè tale che, prendendo l’inizio nel soggetto umano, è indirizzata verso un soggetto esterno, suppone uno specifico dominio dell’uomo sulla terra, e a sua volta conferma e sviluppa questo dominio[5].

          La tradizione cosiddetta jahvista, nell’economia biblica, esprime i tratti più salienti sul lavoro in relazione alla dignità umana[6]: “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché tornerai alla terra” (Gen 3,19). Il motivo della fatica dell’uomo di fronte ad ogni lavoro è il peccato dell’uomo e “l’atteggiamento giudaico non fu oscurato dal castigo divino che consiste nella fatica e nel sudore che accompagna ogni impegno umano[7].

          Il lavoro, alla luce dei testi genesiaci, sembra quasi un “passaggio di consegne” fra Dio e l’uomo; la creazione stessa assume un carattere antropocentrico, ovvero stabilisce il primato dell’uomo nel cosmo: “Tale primato si concentra in un’attività che in qualche modo continua l’opera di Dio[8]: “Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d’ogni bene” (Sal 128,1-2).


– La Casa di Miriam –



[1] GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Laborem exercens (1981), v. Introduzione.

[2] ANGELINI G., “Lavoro”, in BARBAGLIO G. – DIANICH S., Nuovo Dizionario di Teologia, Ed. S. Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 1988, p. 710.

[3] Cfr. FITTE H., Teologia e società, Ed. Università della Santa Croce, Roma 2002, p. 145.

[4] GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Laborem exercens (1981), n. 4.

[5] Ivi.

[6] Cfr. ANGELINI G., “Lavoro”, op. cit., p. 722.

[7] FITTE H., Teologia e società, op. cit., p. 166.

[8] ANGELINI G., “Lavoro”, op. cit., p. 723.

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