Maria Valtorta

 

Maria Valtorta

Maria Valtorta

 

Riteniamo che in un tempo come quello contemporaneo, una presa di conoscenza dell’opera di Maria Valtorta potrebbe rischiarare l’orizzonte della nostra esistenza, in particolare rispetto ad una data prospettiva cattolica. Il cattolicesimo contemporaneo, infatti, soffre di una progressiva patologia attinente la depravazione del contenuto fondante la propria natura: la rivelazione di Cristo, Figlio di Dio e Redentore del mondo. La Valtorta, in questa prospettiva, ci pare essere uno strumento utile di ritorno non soltanto formale, ma sostanziale alla Verità Cristiana. Questo perché Maria Valtorta non mente, non nasconde un linguaggio dialettico tipico di certi teologi o filosofi, non ha un secondo fine programmatico al proprio intento narrativo, e ancora, non cerca alcun tipo di posizionamento intellettuale o sociale. Semplicemente, per un dono di grazia, narra Gesù Cristo, lo descrive, lo racconta e soprattutto, nel fare tutto questo, lo ama.

L’amore valtortiano per il Signore è simile a quello di un fanciullo, libero cioè da schemi o preposizioni previe di significato, da riferimenti valoriali archetipici o da presupposti parametrici di riferimento.

Dio, in lei, si dona a noi, e ci comunica pagine e pagine di inestimabile valore non soltanto teologico, nemmeno soltanto geografico, o archeologico o ancora storico-biografico, bensì pietre vive d’amore divino per l’umanità, la quale pur essendo sorda, ribelle, vanitosa e peccatrice è pur sempre Umanità, cioé Creatura dell’amore di Dio.

Un nuovo avvento valtortiano potrebbe veramente aprire le coscienze di molti uomini e donne contemporanei. In Maria Valtorta, infatti, vengono amalgamate incredibilmente la dimensione mistica della vita contemplativa e quella ispirata dell’agiografo, sino a raggiungere vette teologiche, capaci di rimodellare, minimizzandole, le tanto acclamate quanto spesso effimere proposte della teologia contemporanea.

Nessuno, infatti, perlomeno tra i cosiddetti grandi teologi dell’ultimo secolo, ha raggiunto un livello di padronanza linguistica, di conoscenza dottrinale, di critica testuale, e ancora di comprensione teologica e di capacità analitica simile a quello della Valtorta. Le pagine valtortiane sono un capolavoro di Dio, poiché da Lui solo possono essere ispirate, trasmesse in una forma così eccelsa e depositarie, a ragion veduta, di una delle principali sorgenti di comprensione evangelica mai elaborate nella storia.

Valtorta

Il paradosso è proprio l’emarginazione dal mondo teologico che, nonostante ormai oltre mezzo secolo trascorso, ancora viene riservata agli scritti di Maria Valtorta, al di fuori, si capisce, dell’ambito devozionale e popolare.

Questo è molto grave, soprattutto per una religione, come la nostra, che si definisce cristiana. Perché chi legge gli scritti di Maria Valtorta, se ha un minimo di confidenza con la Sacra Scrittura, deve ammettere l’enormità della forza ermeneutica che essi possiedono nei suoi confronti, la capacità di rendere palese, mediante un insieme di parole, ciò che nessuna esegesi riesce ancora oggi a cogliere, né alcuna elaborazione teologica è in grado di argomentare in maniera così esemplare. In questo senso, coloro che pongono critiche a questi stessi testi proprio a livello dogmatico, dovrebbero fondamentalmente ricredersi, pensando a come ciò che affermano non derivi da una vera conoscenza della Dogmatica, bensì da una presunzione ideologica loro personale.

Attraverso Maria Valtorta, infatti, Dio offre all’uomo di questo tempo un’enorme possibilità di riscatto, ed in particolare la offre alla Chiesa Cattolica. Rifiutare questo dono può essere pericoloso, se non addirittura imperdonabile. Si pensi al lavoro di uno dei più noti mariologi italiani di sempre, Gabriele Roschini, il quale dopo decenni di insegnamento della Mariologia cosiddetta “classica”, incontra i testi della Valtorta, e questi ultimo lo colpiscono così tanto da indurlo ad affermare, in un suo scritto pubblico, che la mariologia precedente, al confronto, pare cartastraccia.

La forza di questi testi valtortiani, del resto, interpella il cristiano in ogni dimensione del proprio essere credente. Innanzitutto la latitudine della fede. Per avere fede, infatti, occorre conoscere, e conoscere intellettualmente. E la Valtorta, mediante le rivelazioni ricevute, offre un paradigma di conoscenza assolutamente esaustivo, competente, senza tuttavia cadere nell’abitudinario complesso di superiorità tipico degli esegeti e degli studiosi, bensì rimanendo inesorabilmente quanto misteriosamente umile, immediata, verace.

Vi è poi la dimensione volitiva. Oltre che creduto, Dio deve essere amato. Amato non soltanto per una paura della pena, ma amato per l’atto stesso di amare, cioè in termini di disinteresse previo. Il legame fra la Valtorta e Colui che ella stessa, come un fiume, comunica nelle sue pagine, è il legame dell’Amore-Dono. Ella riceve, e tanto, da Colui che le parla. E a sua volta dona se stessa a Lui, a cominciare dalle sue indicibili sofferenze fisiche che la immobilizzano per decenni in un letto, fino allo sforzo intenso di compilare pagine e pagine di storia di Dio, di annunci di salvezza, di visioni e apparizioni mariane, di fede, di speranza e di carità, di amore per il prossimo e di parenesi cristiane.

Il giudizio proferito anni addietro rispetto alla sua opera risente dell’incompetenza organica di alcune determinate strutture e soprattutto dell’azione divoratrice del Nemico di Dio, Satana, che soprattutto negli ultimi decenni si manifesta nefasto e acerrimo inquisitore del Vero, del Santo e del Giusto.

Si tratta di un’azione folle, operata da alcuni, i cui effetti vanno perpetuandosi a macchia d’olio nel contesto del cattolicesimo contemporaneo. Così come Medjugorje, anche l’intera letteratura valtortiana ha bisogno di un grido di difesa da parte del popolo di Dio, poiché troppe sono le calunnie presuntuose e vanagloriose di coloro che l’insidiano e la contestano, peraltro senza alcun fondamento di verità dogmatica.

La verità è probabilmente e principalmente una: accettare l’opera della Valtorta significa per alcuni constatare di non avere capito molto di quel Cristo del quale parlano in abbondanza e del quale, a modo proprio, “diffondono notizia”. Un’opera come quella valtortiana non può nascere né da un intenzione romanzesca, né da un fine diverso da quello della santa evangelizzazione, senza alcun pretesto, né guadagno, né prestigio personale. Il suo contenuto è una specola evangelica, poiché il Cristo dei Vangeli vi si rispecchia come l’Unico Soggetto di Rivelazione, costantemente al centro della sua narrazione.

Le intuizioni della Valtorta, poi, sono figlie di una rivelazione privata. I luoghi menzionati, sconosciuti a buona parte degli studiosi ma veri, rintracciabili, esistenti, e le scene bibliche, le citazioni veterotestamentarie perfettamente coerenti, la situazionalità storica dei personaggi menzionati, i contesti sociali, le spiegazioni dogmatiche, le interpretazioni continue e straordinariamente teologiche che la Valtorta elabora, senza interruzioni, tentennamenti o contraddizioni, ebbene: si tratta di un patrimonio di Rivelazione divina.

Padre Gabriele Roschini

Alla luce di tutto questo, ci domandiamo: come è possibile definire, come è stato fatto ufficialmente, la sua opera come “una vita di Gesù malamente romanzata?”. Si tratta di una cecità teologica derivante da una presunzione di riferimento. Troppi, purtroppo, sono coloro che studiano il Cristianesimo per arbitraria vanagloria, e commentano i testi altrui con una scettica sufficienza di relazione. In realtà l’opera di Maria Valtorta ha una forza tale che realmente potrebbe essere, se ben diffusa, una potentissima arma per l’evangelizzazione contemporanea, e non a caso a livello devozionale raggiunge formidabili consensi popolari. Tuttavia la devozione da sola non basta, ha bisogno anche della Teologia, del suo contributo razionale.

E proprio in questo senso, la stessa Teologia contemporanea potrebbe raggiungere vette molto più profonde di comprensione analitica, strutturale ed ermeneutica dell’evento di Gesù Cristo e della funzione singolarissima di sua Madre Maria.

Il tempo, del resto, sembra inesorabilmente soggetto a grandi cataclismi di significato. Qualcosa di grande, di immenso, pare proprio attenderci a breve scadenza. Chissà che anche un nuovo avvento valtortiano non si nasconda all’orizzonte, per il bene di tutto il popolo di Dio. La Valtorta ha bisogno di essere letta, studiata e diffusa, e questo deve essere fatto urgentemente. Non per lei stessa, si capisce, già immersa nella Gloria eterna dell’Onnipotente, bensì per noi, ancora pellegrini in questa valle di lacrime, intrisi di invidie e discordie, orfani della carità radicata nell’amore di Cristo, strenui difensori di ideologie teologiche e negoziatori perfino della stessa Verità cristiana.

Noi sì che, proprio come sostegno alla nostra vocazione cristiana, abbiamo immensamente bisogno del conforto valtortiano e della sua ispiratissima interpretazione dell’evento di Gesù Cristo.

Fonte: Francesco Gastone Silletta – La Casa di Miriam Torino

 

 

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