2023-2033: Gli ultimi dieci, prima di qualcosa di epocale ??

2023-2033: Gli ultimi dieci, prima di qualcosa di epocale ??

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Nel 2033, più o meno, saranno duemila anni dalla morte di Gesù Cristo. Già solo pensare che, da un gruppetto di discepoli insicuri, la Chiesa di Cristo si sia sviluppata nel tempo ed abbia resistito a tutto quello che è accaduto nella storia, fa di per sé riflettere. E tuttavia, il fatto che le cose siano volte – secondo l’andamento di ogni parabola storica, verso una progressiva decadenza – una decadenza che sembra sempre di più procedere verso l’abisso – sembra una cosa piuttosto evidente. Qui con il termine “Chiesa” stiamo indicando tuttavia ogni fedele battezzato, e non soltanto gli ordinati sacri. Possibile, quindi, che si giunga alla conclusione del secondo millennio dall’evento salvifico per eccellenza, ossia la crocifissione del Salvatore, e che il divin Padre lasci inalterato nel silenzio il suo dominio sul mondo, dinanzi a tanta regressione spirituale dei suoi figli? Se osserviamo il rapporto fra i sacerdoti mancati e quelli nuovi ordinati, nel mondo, c’è da piangere. E tuttavia, come dicevamo, anche noi siamo coinvolti in questa “discesa”: qual è infatti la qualità della nostra fede? In che modo essa incide nell’esistenza comune? Gesù del resto aveva annunciato che al suo ritorno la fede che avrebbe trovato sulla terra sarebbe stata quantomeno difficoltosa nella sua forza teologica. E se guardiamo a noi stessi, cristianamente, oggi questo annuncio pare compiersi sempre di più. La Chiesa è infatti nella più grande delle tempeste mai patite dalla sua fondazione. Chi può negarlo? Forse chi vive nel suo metro quadrato parrocchiale, nella banale routine di ogni giorno, dove poco ci si interessa di ciò che accade al di là del muro, cioè nel mondo. E tuttavia i segni – non necessariamente del ritorno di Cristo, che nessun uomo potrà mai indefettibilmente pronosticare come oggettivi, ma quantomeno di una decadenza della fede cristiana – ci paiono indiscutibili ed evidenti. Il mondo ha preso, infatti, l’egemonia anche a livello intra-ecclesiastico, ossia, detto meglio: la Chiesa (cioè noi) si è lasciata vestire in larga parte di un costume mondano che la “trasfigura” – (rispetto a quel primigenio gruppetto discepolare che sul monte degli Ulivi salutò il Cristo ascendente in Cielo) – e che ne trasforma con incidenza intensa l’aspetto, il fine e la stessa natura. Il linguaggio di molti omileti è spesso “investito” di mondanità; le teologie contemporanee a loro volta misconoscono molti santi fondamenti teologici dell’antichità e si volgono volentieri ad umanismi e a razionalismi di pensiero che la fede – semmai – la distruggono, più che non la fruttificano. L’ambizione e l’egoismo regnano spesso proprio in quei pulpiti e in quegli ambienti dove si predica di non essere ambiziosi ed egoisti. La purezza viene spesso minimizzata a livello di una fissazione per “asceti” che vivono fuori dal coro (e che per molti sono semplicemente dei pazzi); la povertà viene decantata nei grandi personaggi della storia, in stile Francesco e Bonaventura, ma poi scongiurata per primi da molti uomini di Chiesa. E l’amore? Appiccicato alle labbra dei predicatori e dei teologi più vicini al quid evangelico, ma poi la competizione, l’invidia, la rivalità e l’antipatia regnano volentieri nella battaglia delle cattedre, nella corsa alle cariche ecclesiastiche, negli stessi atenei fin più in basso dentro le aule del catechismo, dove ci si fa la guerra anche fra colleghi/ghe della stessa parrocchia. E così per i canti nelle Messe, per le letture, per i servizi ai parroci. Ma i veri apostoli contemporanei della parola di Cristo, quelli che viaggiano “senza bisaccia e senza due tuniche”, sono sempre di meno nel mondo. Ci sbagliamo? Tutti possiamo sbagliare. E tuttavia il fatto che poniamo noi stessi dentro questa categorizzazione, aiuta a capire da quale polo di visuale stiamo valutando queste cose.

E quindi? Forse un po’ meno di manuali di studio e un po’ più di umilissima penitenza, di carità non sbandierata ai quattro venti, di digiuno e di preghiera, ci aiuterebbe molto. Siamo infatti coinvolti in una spirale di compiacenza di noi stessi – anche teologica (sebbene ben poco di santo esista in molte teologie attuali) – di ricerca della stima umana, di condizionamento dai piaceri e dalle cose del mondo, che difficilmente può far compiacere colui che in croce ha vinto il mondo, crocifiggendo l’Umana carne e rovesciando il sangue della purificazione. Molte verità della fede cristiana sono già di fatto state abolite, soprattutto in quanto alle origini del mondo e all’escatologia. Nel mezzo dei due poli, l’esistenza umana, nella sua datità storica, viene sempre più infarcita di elementi antropologizzanti e al contempo evacuata da punti fermi dogmatici. Alcuni di questi sono le virtù cardinali, non tanto a livello nozionale, ma esperienziale. Anche molte permissioni che vengono oggi emancipate – non per adeguamento alla Verità, ma per la paura del mondo e del pensiero dominante – umiliano ulteriormente l’apostolicità cattolica della Chiesa. Come contestualizzare in questa contemporaneità gente come Pietro e Paolo, Giacomo di Alfeo o Matteo? Solo per dirne alcuni. “I tempi cambiano” – dicono – “e la Chiesa deve adeguarsi”. Solo in parte questo è vero, se la “Chiesa” in oggetto è quella cattolica: la dottrina e il dogma, infatti, mai e poi mai sono sottoponibili ai mutamenti dei tempi. Ma chi è così coraggioso da sfidare i lupi del mondo? Chi osa schierarsi – a costo di persecuzioni ed emarginazioni sociali ed economiche – al di fuori della mentalità egemone?

Cristo crocifisso, dunque, e sono quasi duemila anni. Alcuni vedono questi “duemila anni” come sicura ricorrenza di una scadenza a venire; altri li vedono come pusillanimità mentale di pochi fissati ed entusiasti profeti di sventura. Noi ci poniamo unicamente in mezzo a questi estremi, sottolineando che certo – anche alla luce delle grandi manifestazioni divine e mariane dell’ultimo secolo – qualcosa, al di là delle manie profetico-entusiastiche, è dietro l’angolo della storia. E per questo ci decidiamo a vivere il Vangelo con maggior serietà, la purezza con un più intenso rigore, l’amore con una più manifesta semplicità, la fede con più profonda decisione, la vita stessa con maggiore cattolicità. Poiché a livello del singolo, non sappiamo nemmeno se ci arriveremo, al 2033. E tuttavia lasceremo comunque una traccia visibile del nostro impegno, non tanto agli occhi spesso distratti del mondo, ma a quelli che vedono tutto, cioè quelli di nostro Signore.

Amen

Pubblicato da lacasadimiriam

La Casa di Miriam è un centro editoriale cattolico ed un cenacolo di preghiera operativo 24h