Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato” (Gv 17,2)

“Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato” (Gv 17,2) – Meditazione serale alla Casa di Miriam del 7 maggio 2023:

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Queste parole Gesù le pronuncia all’inizio della sua intensissima preghiera al Padre (la cosiddetta “preghiera sacerdotale o di comunione”), che egli fa poco prima della sua passione. Il contesto nel quale Gesù stesso pone le sue parole, è un contesto di “glorificazione”: la glorificazione del Padre per mezzo del Figlio, ma anche del Figlio a motivo del Padre. Ed è in questo contesto che Gesù evoca al Padre come, su “ogni essere umano” egli (Gesù, ndr), abbia potere, un potere che si traduce nel dono della vita eterna in quanti lo ascoltano e credono in lui. Poco oltre Gesù spiega anche cosa significhi “vita eterna”, tuttavia qui ci interessa soffermarci su questo primo aspetto della sua preghiera al Padre e che ci sorprende per come esso sia al contempo “universale” ed “individuale”. Cerchiamo di capire e di appropriarci, in modo speciale, della destinazione “individuale” di questa parola di Gesù, poiché in tal modo essa viene a interpellarci in modo intimamente soggettivo. Intendiamo dire, distinguendo fra aspetto “universale” ed “individuale” di queste parole di Gesù, che esse sono, da un lato, destinate ad ogni uomo, cioè “a tutti coloro che il Padre gli ha dato”: la vita eterna è un dono non previamente destinato a qualcuno escludendo qualcun altro, ma a tutti è inizialmente destinata. E tuttavia vi è una potentissima dimensione individuale, dall’altro lato, che dobbiamo cogliere affinché non restiamo esclusi dall’universalità di questa promessa di vita eterna. Gesù, infatti, premette che il Padre gli ha dato potere “su ogni essere umano”. Più che intendere anche questa immagine in senso universalista (nel senso di “tutti gli uomini”), ci interessa coglierla in senso individualista, nel senso di “ognuno di noi”. Io. Io soggettivamente inteso, tu, tu nella tua individualità. La salvezza di Gesù è in questo senso una destinazione, un “potere” che il Padre consegna al Figlio per ogni singolo individuo. Questa latitudine “individualista” (che non significa affatto “esclusivista”) deve farci riflettere sul “potere che a livello individuale Gesù ha su di me, su di te”. Un potere che non è violenza o annullamento della libertà personale, ma autorità di vita su di essa: il soggetto è chiamato a vivere in Gesù, mediante il potere che Gesù stesso ha su di lui. La mia individualità si sente così protetta, nel suo flusso vitale, a motivo di questa autorità che Dio, mediante il suo Figlio, assume sulla “mia” vita. Io sono destinato al bene, alla vita eterna, alla libertà ed alla pace senza fine in Gesù Cristo. Questi non mi chiede altro che io creda, mediante la fede, nella soggettività dalla quale mi deriva un simile dono di grazia e che, in tal senso, non può che essere una soggettività divina. Tuttavia, a motivo di ciò che Gesù stesso dice a proposito della reciproca glorificazione del Padre e del Figlio, questa soggettività divina è duplicemente intesa: quella del Padre, appunto, e quella del Figlio. Ogni essere umano, ogni singolo individuo della terra, ha in Gesù Cristo, Figlio di Dio, la possibilità di vivere in eterno, ossia di non essere mai vinto dalla morte dello spirito, e questo a motivo della volontà del Padre, che al Figlio dona il potere “su ogni essere umano”. L’infinito amore del Padre è comunicato dal Figlio sino al nostro “individuale” ed umano cuore: abbiamo in noi, “individualmente”, cioè senza mescolanza con gli altri, tutta la potenza dell’amore di Dio, comunicato dal Padre e dal Figlio, e dunque abbiamo la pienezza di vita eterna come eredità donale in nostro favore. Nessun potere viene lasciato alla morte, al dolore e nemmeno al soggettivismo individualista, sebbene sia “l’individuo” colui che umanamente parlando benefici di questo ineffabile dono di Dio: la vita eterna. Dove la fatica, da parte nostra? Quale l’insormontabile limite? Quale il difetto, o il dolore, o il disturbo che ci possa mai sottrarre da questa incommensurabile destinazione di vita eterna? Unicamente la nostra volontà, che si attua e manifesta nella fede in Gesù, Figlio di Dio, e nel Padre che ce lo ha mandato. L’individualità della destinazione della salvezza sta in questa scelta “nella fede” che il soggetto, individualmente, è chiamato a compiere, sebbene la salvezza sia un dono destinato a “tutti” e vada intesa quindi in senso “universale”. Amen

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Pubblicato da lacasadimiriam

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