“Un viso di ostia purissima” (M. Valtorta, L’Evangelo come mi è stato rivelato, Vol. 1, Cap. 13, n. 1) ***
Questa espressione la Valtorta la usa per descrivere il volto di Maria il giorno del suo sposalizio con Giuseppe. Si tratta di parole della stessa Valtorta, cioè “descrittive” ciò che ella vede nei suoi trasporti mistici, ma non “dettate”, come in altri contesti – molto estesi – della sua opera. E in questa visione mistica, la Valtorta vede e descrive non solo con minuzia di particolari l’abbigliamento della Vergine Maria il giorno del suo sposalizio, ma anche con intensi dettagli le espressioni, gli sguardi e le parole della Vergine stessa. Tutto, tranne che invenzione valtortiana, può essere asserito leggendo questo ampio momento descrittivo della Vergine Maria. Il fatto, ad esempio, che i braccialetti ai polsi (che vengono definiti “sottilissimi”) appartenessero alla madre di Gioacchino (cioè alla nonna di Maria), o che la veste con i medaglioni in oro e argento e il velo fossero invece di sua madre, che essendo più alta di Maria apparivano larghi indossati da Maria stessa, o che, ancora, il suo corredo da sposa lo avesse custodito a casa sua la cugina Elisabetta, essendo già morta sua madre, spengono subito l’idea di una possibile invenzione descrittiva valtortiana, per la serietà e la complessità delle argomentazioni presentate, come quella di “Maria della stirpe di Davide”, e via dicendo. La stessa serietà che, del resto, interpella anche la dettagliata descrizione di Giuseppe, lo sposo, minuziosamente descritto nei particolari del suo abbigliamento e genericamente definito come “semplicemente bellissimo”. Alcuni dettagli, tuttavia, precisandoli esplicitamente, la Valtorta manifesta ancora di non poterli inventare lei. Viene detto, ad esempio, che Maria andrà ad abitare nella casa di suo padre Gioacchino, quindi non in quella di Giuseppe. Inoltre, si esplicita che quest’ultimo ha già accettato le condizioni verginali di Maria e che, da parte sua, egli stesso viva non un semplice e temporaneo nazireato, ma una castità perfetta, per essere degno di starle accanto. Il fatto poi che Giuseppe citi il Cantico dei cantici, dove si parla del “giardino chiuso e della fontana sigillata”, e che aggiunga che forse Salomone, scrivendo queste parole, abbia visto Maria anzitempo, è più che mai emblematico. Ad ogni modo, in questo sontuoso panorama descrittivo, emerge altisonante questa espressione: “Un viso di ostia purissima”. “Purissima” è un aggettivo più che mai eloquente, tanto più inserito nel contesto di uno sposalizio. Se pensiamo a Maria – e confrontiamo il suo sposalizio, con molti di quelli comuni – possiamo renderci conto di come rimaniamo sempre indietro rispetto alla conoscenza di lei e a quella del suo sposo, tendendo sempre un po’ verso degli archetipi mondani che non corrispondono affatto all’autenticità verginale e volontariamente casta – e per questo, bellissima – dei due sposi. Oggi i matrimoni viaggiano verso direzioni di significato unitivo, tra due persone, spesso molto distanti da quelle di Maria e Giuseppe già a livello stesso dell’unione. La forma, l’ambiente, lo stile di molti matrimoni sembrano poi respingere ipso-facto quel clima di quasi connaturale bellezza che si respira in uno sposalizio voluto da Dio, tanto festoso quanto mite e umile nei modi, nei discorsi e nei temperamenti. “Un’ostia purissima”, dice la Valtorta descrivendo il volto di Maria. “Ostia” è termine fortissimo, ma non inesatto: Maria è davvero tale, vivente consacrazione a Dio, e la sua purezza è un tutt’uno con la sua persona, i cui tratti emergono anche estrinsecamente, a livello di pubblica visibilità. Amen.
*** ©CIPREL – Centro Internazionale di Preghiera Laicale – Ispirato agli scritti di Scritti di Valtorta – Edizioni Cattoliche La Casa di Miriam – Piazza del Monastero, 3 – Torino
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