Caratteristiche del quarto evangelista – di Giuseppe Segalla

Riteniamo che ci siano sufficienti argomenti interni ed esterni per affermare che l’apostolo Giovanni è autore di tutta la letteratura giovannea, in quanto sta all’origine di quella tradizione che ha trovato la sua diversa espressione nella varia letteratura giovannea: vangelo, lettere, Apocalisse. […] Se si dà un’occhiata alle grandi Introduzioni su Giovanni, si vede subito che gli autori sono divisi nel sottolineare o l’ambiente ellenistico (Bultmann, Dodd) o quello giudaico (Hoskyns, Mollat, Dupont, Braun, Brown), ma gli ultimi anni hanno portato ad una forte virata verso l’ambiente giudaico palestinese, soprattutto dopo il 1947, con la scoperta dei manoscritti di Qumran e con l’attenzione posta sugli apocrifi dell’Antico Testamento. […]

Quel discepolo (cioè Giovanni) era conosciuto (solo al plurale gnostòs ha il significato di familiare. Quindi qui non necessariamente familiare, ma semplicemente conosciuto) al sommo pontefice. Il particolare delle conoscenze nell’ambiente sacerdotale del sommo pontefice ha creato gravi difficoltà all’identificazione dell’altro discepolo con Giovanni, figlio di Zebedeo. Sembra infatti che un pescatore, per quanto facoltoso, della lontana Galilea, non potesse avere molta familiarità con l’ambiente di Gerusalemme, e tanto meno con l’ambiente sacerdotale. Per rispondere alla difficoltà si è ricorso all’ipotesi di un commercio di pesce con l’ambiente sacerdotale, di cui sarebbe stato intermediario Giovanni oppure al fatto che, attraverso la parentela della madre Salome con Maria, Madre di Gesù, ed Elisabetta, si potrebbe supporre fosse di stirpe levitica e quindi imparentato, in qualche modo, con la casata sacerdotale. È chiaro comunque, da ciò che segue, che i discepoli di Gesù non erano conosciuti come tali nell’ambiente sacerdotale, mentre uno dei discepoli era conosciuto personalmente, ma forse non come discepolo di Gesù. Questa conoscenza personale può essere confermata dal fatto che lui solo viene segnalato anche sul Calvario. Ciò fa supporre che Giovanni sia stato colui che ha seguito più da vicino il Maestro durante tutta la sua passione, in grazia di una conoscenza nell’ambiente sacerdotale, le cui ragioni non sono sicure, né chiare. Questo particolare, come altri del racconto della passione (ad es. “quella notte faceva freddo” – 18,18), non può provenire che da un ricordo personale di colui che racconta, conservando l’anonimo.

Il vocabolario di Giovanni è povero, usa solo 1000 vocaboli (Mc 1350, ed ha 4000 parole in meno) (Mt 1700). Ma se il suo vocabolario è povero, le poche parole che egli usa e che ripete in forma monotona hanno spesso diversi significati e la loro risonanza di significato è molto ampia, tanto da rendere difficile, come abbiamo già detto, la precisa identificazione dell’ambiente culturale che riflettono.

Il suo stile riflette indubbiamente lo stile semitico, in genere, ma con caratteristiche proprie. La inclusione viene usata spesso da Giovanni e spesso in concomitanza con il chiasmo. L’inclusione consiste nel fatto che la conclusione di un passo o di un’unità letteraria ricorda o fa allusione al pensiero iniziale. In questo modo si possono anche distinguere le varie unità letterarie. 

Il fraintendimento nell’ascoltatore. Così la parola ANOTHEN di 3,3 può significare “di nuovo” o “dall’alto”, per cui Gesù potrebbe parlare di una “nuova” nascita dall’acqua e dallo Spirito oppure di una nascita “dall’alto”. Il povero Nicodemo, non solo la intende nel primo senso (nascere di nuovo), ma anche la fraintende in senso carnale, di una nascita fisica.

Altra caratteristica è l’ironia. Gli avversari di Gesù fanno affermazioni sarcastiche e incredule sul suo conto e, nel loro senso, sono errate. Ma inconsciamente e contro la loro intenzione, esprimono verità su Gesù.

Nel quarto Vangelo Gesù nei suoi discorsi parla essenzialmente di sé, della sua persona e della sua missione, tanto che i discorsi di Giovanni sono stati definiti “discorsi di autorivelazione”, per i quali Bultmann esigeva una fonte speciale, la Fonte della rivelazione (Offenbarungsquelle)

Anche “re” è un titolo messianico e nel vangelo di Giovanni, dato indirettamente o direttamente a Gesù, ricorre ben 15 volte, mentre nei sinottici solo nel Vangelo dell’infanzia di Matteo (2,2) e indirettamente in Luca (1,33) e nel racconto della Passione. Nei sinottici il centro della predicazione di Gesù è il Regno di Dio. In Giovanni quasi scompare il Regno di Dio (5,3.5) e al suo posto viene presentato in primo piano Gesù come Re. In Giovanni, però, il Regno di Dio si identifica col Regno di Gesù (19,36). Natanaele, già all’inizio della vita pubblica, afferma di Gesù: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re di Israele” (1,49), e con questo non esprime che una professione di fede messianica.

… Quando la folla, piena di entusiasmo vuole prenderlo per farlo re, egli rifiuta la loro concezione del re messianico. Anche nell’entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme, in cui egli viene proclamato re d’Israele (12,13), la sua regalità viene interpretata alla luce del deutero Zaccaria, dove il re messianico è diventato un re pacifico, che cavalca un asino in contrapposizione ai re che fanno al guerra con carri e cavalli (Zc 9,9)

Così la lunga scena della Passione di Gesù davanti a Pilato (18,28-19,16, che si conclude con la proclamazione solenne: “Ecco il vostro re!” (19,14),mentre vuole dimostrare come inconsciamente Pilato proclami Gesù re (ironia giovannea), tuttavia nel dialogo che lo precede è chiaramente criticata e respinta la concezione regale che i giudei gli attribuivano e per la quale lo condannavano: “Il mio regno – spiega Gesù a Pilato – non è di questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero lottato perché non fossi consegnato ai giudei. Ora invece il mio regno non è di quaggiù” (18,36). Il regno di Gesù non è dunque di questo mondo, ma è un regno spirituale come Gesù dice subito dopo, quando Pilato gli domanda espressamente se è re ed egli risponde. “Tu dici che sono re. Io sono nato per questo e per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità. Colui che è dalla verità, ascolta la mia voce” (18,37). Gesù quindi è re in funzione della testimonianza alla verità e alla sovranità di Dio sul mondo contro il dominio del principe di questo mondo (16,11) mediante la Parola rivelata e l’innalzamento sulla Croce.

(Cfr. G. Segalla, San Giovanni, Ed. Esperienze, Fossano (Cuneo) 1972, pp. 9-11.50-51.72-74.77.86-87)

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