Date in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà mondo (Lc  11,40)

Date in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà mondo (Lc  11,40)

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Questa frase di Gesù, come la riporta l’evangelista Luca, ha un suo senso molto sottile, come tipico di chi – come questo evangelista – ragiona molto prima di esporre qualsiasi cosa, tanto più un “detto” di Gesù. Il contesto è quello dell’invito a pranzo – uno dei vari – che un fariseo fa a Gesù. Sappiamo che questi “inviti” sono solitamente dei tranelli, piuttosto che non dei sinceri desideri della compagnia di Gesù. E in questo contesto Gesù pronuncia il noto discorso dei “Guai”. Ma è semplicistico ridurre tutto questo discorso ad un’invettiva esplosiva di Gesù contro le ipocrisie farisaiche. Le parole riportate nella citazione sopra, hanno ad esempio un senso molto più sottile che un generico sfogo imprecativo lascia pensare. “Date in elemosina quello che c’è dentro”, dice Gesù: si tratta necessariamente di una elemosina spirituale. Se infatti si dice che “il vostro interno è pieno di iniquità e di rapina”, significa che il discorso della necessità di una purificazione va posto a livello intimistico-esistenziale e l’elemosina da dare è di natura appunto spirituale. Elemosina non va infatti intesa qui come un qualcosa di materiale di cui disappropriarsi in favore degli indigenti: non è il medesimo piano esortativo, questo, della donna che nel tempio dà tutto quello che ha. Qui Gesù evidenzia l’immondizia spirituale che sovraffolla, comprime e deturpa il cuore, mascherato da un formalismo esteriore che finge che anche l’interno sia puro come l’esteriorità ingannevole manifesta. Ci si deve quindi “svuotare”, quasi in senso “kenotico” di ciò che di se stessi grava nella purezza del cuore, rendendolo immondo. Ma questa elemosina, a chi va data? Non al prossimo, poiché essendo negativo ciò di cui ci si libera, non si deve trasmetterlo a un altro pari a sé. Solo Dio può ricevere, quale misteriosa offerta, questo carico di inquinamento esistenziale che abita nel cuore e accoglierlo come “elemosina” nel suo Figlio, liberando il cuore e rendendolo così mondo. Questo discorso non vale solo per i farisei, ma anche per noi, talvolta più ipocriti di loro, sebbene ci diciamo cristiani. Anche noi, infatti, spesso “puliamo l’esterno del piatto”, facendoci vedere buoni e santi nelle Chiese o in qualsiasi contesto sociale, magari anche nella stessa famiglia: ma il nostro cuore è marcio, inquinato dall’orgoglio, dall’amor proprio, dalla superbia o dal rancore, o da tante altre perversioni che non si vedono all’esterno. Dio attende che diamo in elemosina tutto questo a lui stesso, nel suo Figlio: elemosina, nel senso di atto penitenziale nel quale il cuore si svuota da un dominio di autoreferenza e cede ciò che nuoce a chi, assumendolo su di sé, nel perdono lo rende mondo e lo trasfigura a nuova luce. Solo Dio, infatti, che “ha fatto l’esterno, ha fatto anche l’interno” (cf. Lc 11,40), e solo lui ne conosce la natura. Questa catarsi intima ed esistenziale può quindi avvenire solo nella sua ispirazione e per suo mezzo. Amen

 

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Pubblicato da lacasadimiriam

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