“Esiste ancora la dolcezza?” – Sulla dolcezza di Gesù, che siamo chiamati ad imitare dicendoci “cristiani”

“Esiste ancora la dolcezza?” – Sulla dolcezza di Gesù, che siamo chiamati ad imitare dicendoci “cristiani”:

Nessuna descrizione della foto disponibile.

La dolcezza di Gesù non è quel modo di fare melenso, a volte un po’ patetico, finalizzato all’ottenimento di qualcosa; nemmeno quell’atteggiamento palesemente mascherato, tipico di questo mondo, che in realtà nasconde qualcosa di diverso da ciò che sembra. La sua dolcezza, è un totale sentimento di altruismo, di non aggressività, di non curiosità, né di furto dei sentimenti altrui. La dolcezza di Gesù non è infantile, né incosciente, ma semplicemente buona, educata, mite, attenta alla necessità dell’altro anche da un punto di vista del linguaggio, del modo di porsi, dello stile con cui ci si approccia e ci si pone in relazione.

La sua è una dolcezza che non indaga, che non assume atteggiamenti di violenza, di irruenza, di incontinenza o di volgarità. Una dolcezza anche nel vestire, nel presentarsi agli altri, non invasiva, non eccentrica, non opprimente. La dolcezza di Gesù è una dolcezza che attende, che non è impaziente, una dolcezza che è ponderata, che non accusa. La dolcezza di Gesù dà gusto alle cose e alle situazioni anche più ordinarie e insignificanti della vita. Una dolcezza che non è mai maliziosa con gli occhi, che non inganna con le parole, non indaga con le domande. Una dolcezza che spera e che ama la vita, in quanto vita e non in quanto scontato meccanismo esistenziale. La dolcezza di Gesù non ha fretta di ottenere il buon esito di un investimento spirituale, e al contempo non perde un solo attimo del tempo possibile per attualizzarlo.

Esiste ancora, dunque, questo tipo di dolcezza?

Per rispondere con oggettività, si dovrebbe conoscere tutte e singole le persone viventi, cosa impossibile a qualunque uomo. E tuttavia vi è una misura più semplice, la quale non valuta alla luce del singolo soggetto, ma della sua appartenenza autentica a Gesù. Se uno, infatti, appartiene autenticamente a Gesù, questa dolcezza esiste in lui a livello oggettivo. Non tanto “in lui” che segue un modello, ma al modello stesso, cioè Gesù. Gesù era, infatti, storicamente parlando, un uomo dolcissimo, secondo il concetto di dolcezza appena indicato qui sopra. Dolce con i suoi, innanzitutto. Dolce con il prossimo. Dolce con i malati e i soli, gli ultimi e gli abbandonati, dolce con il Padre. Dolce con se stesso. Dolce con i suoi nemici. Dolce persino con il traditore, cui non rifiutò l’estremo atto d’amore del pane spezzato. Dolce con la natura, dolce con la terra. Dolcissimo nella parola, nella preghiera, nel buon costume, nell’etica sociale. Dolcissimo anche in croce, chiedendo che gli venisse dato da bere al fine di permettere a chi lo uccideva di compiere un piccolo atto di bontà nei suoi riguardi. Dolce con il buon ladrone. Dolce da risorto, dinanzi a tutti coloro che non avevano creduto nella sua resurrezione. Dolce con la Maddalena, nonostante il suo passato. E dolcissimo nel suo perdono, che ci dona infinite volte, senza considerare il numero esatto dei nostri peccati. Questa è la dolcezza di Gesù. Questa è la dolcezza di Dio. Questa è anche la dolcezza che siamo chiamati ad imitare dicendoci “cristiani”. Amen

Edizioni e Libreria Cattolica La Casa di Miriam

Piazza del Monastero 3 – 10146 – Torino

 

Pubblicato da lacasadimiriam

La Casa di Miriam è un centro editoriale cattolico ed un cenacolo di preghiera operativo 24h