Gesù accusato di vietare il pagamento delle tasse a Cesare (Lc 23,2) – L’offesa atroce alla santità umana di Gesù

Gesù accusato di vietare il pagamento delle tasse a Cesare (Lc 23,2) –

L’offesa atroce alla santità umana di Gesù:

Potrebbe essere un contenuto artistico raffigurante 3 persone

Molte accuse – tutte false e infamanti – sono state fatte a Gesù, sia in sede “processuale” (e mettiamo le virgolette per la farsa di quel processo), sia in sede previa a quell’evento, sia ancor prima nel contesto della predicazione di Gesù. Ciò che faceva digrignare i denti dei suoi avversari era tuttavia di natura fondamentalmente religiosa, ossia il dichiararsi uguale a Dio (e il suo agire di conseguenza, ad esempio prendendo autorità sull’osservanza sabbatica, ecc.). Ma davanti all’autorità vigente, gli accusatori di Gesù si adeguano al contesto e pongono – fra le varie – un’accusa del tutto anomala e falsa: “(Gesù) impediva di dare tributi a Cesare” (Lc 23,2). Il verbo greco usato per “vietare” (di pagare le tasse, nb), è qui “kωλύω” (kóluó), che significa “ostacolare”, “impedire”; lo stesso verbo con il quale Gesù, ad esempio, dice di non impedire ai bambini di avvicinarsi a lui, o di non vietare a chi scaccia i demoni in suo nome di agire in tal modo, poiché chi non è contro di lui, è con lui.

Più falsamente di così, quindi, non si potrebbe accusare Gesù e l’onesta perfetta della sua umanità, qui profondamente umiliata. Sappiamo, infatti, con quanto ossequioso rispetto Gesù abbia onorato l’autorità costituita ed esortato i suoi discepoli a seguire il suo esempio, anche quando si trattava delle imposte da versare e dei tributi a Cesare da pagare. Due esempi ce lo ricordano esplicitamente. Il primo è quello relativo alla domanda ingannevole con la quale da parte farisaica veniva chiesto a Gesù se fosse giusto pagare le imposte a Cesare, ottenendo la nota risposta del “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Nel secondo esempio, invece, Gesù non formula un insegnamento teorico, ma agisce direttamente, incaricando – non senza un “miracolo” intrinseco a questo incarico – il suo Pietro di andare a pescare, di aprire la bocca di uno dei pesci pescati ed ivi estrarre l’onere da versare come tassa. Lo stesso Matteo, prima pubblicano, è stato verosimilmente conosciuto da Gesù, in modo personale, proprio in un contesto di esazione delle tasse da parte di Gesù. E dunque, accusare Gesù di vietare il pagamento dei tributi a Cesare, facendo di lui un ribelle, un sobillatore delle coscienze, un contestatore dell’ordine pubblico, è un falso non soltanto “sociale” e “storico”, ma molto di più teologico: si insinua infatti l’idea che sia Dio stesso a porre in atto questa fraudolenta ribellione (che in cuor loro erano proprio gli stessi accusatori di Gesù a prospettare) dinanzi al pagamento dell’umana tassazione. Nel capitolo 13 della lettera ai Romani san Paolo svela l’idea divina di autorità pubblica e di ossequio di essa, anche per quanto attiene alla tassazione e ai contributi da versare. Questa accusa che è stata gettata addosso a Gesù, fra le tante, non è quindi meno grave, né meno falsa, dell’attacco posto contro la sua identità di Messia e di Figlio di Dio, uguale al Padre per natura. I farisei, i sadducei, i dottori e il sinedrio in senso lato offendono quindi non soltanto la divinità di Cristo, ma anche la santità ineffabile della sua umanità, la quale in tutto si è manifestata come perfetta sulla terra, anche nel pagamento delle tasse e nell’ossequio dei doveri legislativi. Amen

Amen

Edizioni e Libreria Cattolica La Casa di Miriam

Piazza del Monastero 3 – 10146 – Torino

 

 

 

Pubblicato da lacasadimiriam

La Casa di Miriam è un centro editoriale cattolico ed un cenacolo di preghiera operativo 24h