Il senso del Vangelo non è nella sua lettera, ma nel suo spirito
Come siamo immensamente piccoli dinanzi al Vangelo, anche quando pensiamo di conoscerlo a memoria. Anche se uno lo sapesse per intero, quella sarebbe una conoscenza della lettera del Vangelo (peraltro da traduzioni mai perfette), non una conoscenza dello spirito del Vangelo. Gli evangelisti infatti hanno scritto determinate cose sulla vita e sulle opere di Gesù, che tuttavia non sono, non possono essere una fotocopia esatta della realtà storica di Gesù. Questo vale anche per ciò che hanno omesso. E le stesse parole dette da Gesù e riportate nei Vangeli, sono più o meno quelle, ma quasi mai “esattamente” quelle. Il senso del Vangelo non è nella sua lettera, ma nel suo spirito, e chi si vanta di conoscerlo a memoria, sentendosi superiore alla media, deve poi dar prova di averlo inteso perfettamente anche nello spirito, cosa molto difficile da dimostrare. Gli evangelisti mirano alla testimonianza del quid di ciò che Gesù ha compiuto, del suo essere da Dio, Dio egli stesso, autore di miracoli e prodigi, testimone dell’amore infinito di Dio, fino al dono supremo di sé, vincitore della morte e del peccato, tornato al Padre dopo il compimento della sua missione tra noi. Gesù non ci ha lasciato il Vangelo come complicato testo da imparare secondo una lettera più morta che viva, ma da assumere come norma di vita, come conoscenza di lui, come sostanza di fede, come luce per l’intelletto. La lettera non è mai sapiente, in tal senso, se lasciata a se stessa. Il senso del Vangelo è infatti nel suo spirito, e la comprensione di questo spirito dipende molto dalla preghiera, dalla fede e dalla penitenza. Amen