“In spirito e verità”- L’uso dell’endiadi in Giovanni
Nel Vangelo di Giovanni, che è il Vangelo più spirituale dei quattro, le parole “spirito” e “verità” sono così tanto accostate da apparire come un unico concetto. Esiste una figura retorica specifica, in tal senso, la quale mediante l’uso di due parole, esprime un unico concetto; questa figura retorica si chiama “endiadi”.
Un esempio chiaro ed eloquente ci viene dato nel contesto del discorso di Gesù alla Samaritana: “I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità […] Dio è spirito; e quelli che l’adorano, bisogna che l’adorino in spirito e verità (Gv 4,23-24)”.
La verità e lo spirito sono due realtà congiunte, poiché è nell’attività spirituale – dunque nell’elevazione soggettiva che trascende l’esperienza carnale – che la verità si rinviene e dove essa si manifesta: in tal senso, “è lo spirito che dà la vita, e la carne non giova a nulla” (Gv 6,63).
Questa giovannea reciprocità concettuale fra spirito e verità – ma lo stesso dicasi per “grazia e verità” (Gv 1,17) e per “spirito e vita” (Gv 6,63) – viene umanamente fatta dipendere, al modo di una immagine, dalla relazione che lo stesso Spirito Santo ha con la verità, come detto ad esempio in Gv 16,13: “Quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità”.
La verità, ci insegna Giovanni, è divenuta conoscibile all’uomo, mediante Gesù Cristo: e tuttavia l’acquisizione umana di questa conoscenza avviene secondo lo spirito, non secondo la carne, poiché Dio stesso è spirito e non lo si può “veramente” conoscere attraverso l’esperienza carnale. Nell’elevazione spirituale, che abbandona le leggi della carnalità, l’uomo conosce ed ama Dio secondo lo spirito, ossia secondo verità. Amen
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