L’ Ave Maria come vero dialogo d’amore, concreto e vivente, con la Madonna

L’ Ave Maria come vero dialogo d’amore, concreto e vivente, con la Madonna

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La maggior parte delle Ave Maria che recitiamo durante il giorno – se ci analizziamo onestamente – sono spesso vane parole, nelle quali il destinatario immediato, cioè la Madonna, non governa la nostra coscienza, non è presente a noi realmente, poiché noi stessi la allontaniamo – sebbene la stiamo pregando – mantenendo lo sguardo del cuore e della mente fissi altrove. L’angelo custode, interiormente a noi, compensa questa vacuità – che talvolta sfocia nell’ipocrisia – della recita delle Ave Maria (e così anche del rosario) senza che noi siamo totalmente integrati, a livello contestuale, nello spirito giusto della preghiera. Però la preghiera dell’angelo custode non può da sola meritarci le grazie. Abbiamo bisogno infatti che siamo noi stessi a permettere che la grazia ci inondi di se stessa – come accade quando si prega con il cuore ardente – e di acquisire una contestualità orante nella quale realmente ci troviamo a tu per tu con la Madonna, avvertendone chiaramente la presenza nello spirito e pregando, di conseguenza, come ad una persona che si vede in ascolto davanti a se stessi.

Tutto ciò dipende dallo svuotamento di noi stessi e di tutte le barriere spirituali che sbarrano l’accesso della Madonna dinanzi a noi: quanto più è pura e dolce, tanto di più la Madonna non può “scendere” in un cuore che non la desidera, sebbene la si invochi con le labbra. Ma se davvero riuscissimo a liberarci da ogni legame con la terra e le cose della terra, tenendo lo spirito elevato alle realtà celesti, quando siamo in preghiera vivremmo ogni volta una esperienza mistica di sodalizio e comunione con la Madonna, che immediatamente viene e provvedere al nostro bene spirituale.

San Giacomo ci insegna – nella sua lettera – che se non otteniamo i frutti, nella preghiera, è perché li domandiamo malamente. Così è per molti di noi. L’Ave Maria dovrebbe essere un rimedio certo e potentissimo contro il dubbio della fede, contro l’aridità spirituale e gli assalti del Maligno; e tuttavia non lo è quasi mai, a livello di esito, a motivo del “come” essa viene esposta. L’anima deve essere umilissima nel rivolgersi alla Madre di Dio e porsi in un atteggiamento di disposizione alla sua venuta spirituale. Se questa umiltà è assente, se la recita dell’Ave Maria è solo un consorzio monotono di sillabe e fonemi banalmente ripetuti, l’epilogo è quello di un dialogo con se stessi – peraltro inefficace anche a livello di guadagno spirituale autoreferenziale. Basterebbe dire “Ave Maria”, senza il testo seguente, che la Madonna immediatamente aprirebbe il nostro cuore alla consolazione della grazia, se solo la nostra fede, l’amore e la disposizione spirituale fossero elevati ad un simile incontro. Ma noi andiamo avanti nella reiterazione quasi automatica di una preghiera le cui parole non ci rendiamo nemmeno conto di cosa realmente significhino e non possiamo in tal senso avere alcuna percezione della Madonna accanto a noi, in ascolto ed in sollecito aiuto.

Abbassiamo la testa della vanità umana, deponiamo la superbia del sentirci sempre buoni davanti a Dio e, piuttosto, umiliamo il nostro cuore nella costernazione per la nostra misera condizione spirituale, fossimo pure dei maestri dello spirito. Ed ecco che, come per irresistibile attrazione, vedendo il nostro cuore davvero “assetato” della sua maternità, la Madonna corre in nostro aiuto, e l’Ave Maria diviene un vero dialogo d’amore, concreto e vivente, con lei.

Amen

 

Edizioni e Libreria Cattolica La Casa di Miriam

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Pubblicato da lacasadimiriam

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