La benedizione a Rebecca e alla sua stirpe

Rebecca and Abraham's Servant at the Well', William Hilton the Younger,  exhibited 1833 | Tate

La benedizione a Rebecca e alla sua stirpe

Nel libro della Genesi, al capitolo 24, viene narrato esplicitamente come avvenne la conoscenza e il matrimonio di Isacco con Rebecca. Abramo manda un servo alla città di Nacor, nel Paese dei due fiumi, con dell’oro e dell’argento, affinché ivi – e non assolutamente presso i Cananei – quel servo rinvenisse una moglie per suo figlio Isacco, secondo l’ispirazione che gli avrebbe dato il Signore. E quel servo andò in obbedienza al pozzo di quella città, contestualmente al transito, presso di esso, di Rebecca. La vicenda e il dialogo del servo con la donna al pozzo, che viene detta giovane e vergine e di bell’aspetto, si evolve secondo ciò che nella sua preghiera il servo stesso aveva domandato come segno al Signore. La donna infatti dà da bere a lui e ai suoi cammelli e questo segno viene inteso come condiscendenza divina che quella fosse la donna eletta in moglie per Isacco. Ora, Rebecca torna alla casa di suo padre, Betuèl figlio di Milca, parente di Abramo. Tuttavia, non è quest’ultimo a dominare la scena narrativa, ma il fratello della donna, Labano, che ascolta il racconto di Rebecca e invita in casa quel servo. Quest’ultimo espone tutta la vicenda che lo ha condotto lì e come abbia conosciuto la donna. Labano – e il padre di Rebecca – capiscono che tutto si è svolto secondo il disegno divino e che la donna è destinata al matrimonio con Isacco. Ma quando è il momento che la donna parta via con quel servo, Labano propone che ancora una settimana la donna stia in casa sua. Dinanzi alla refrattarietà del servo, tuttavia – che invece vuole subito partire – Labano chiede a Rebecca, che dà il suo consenso. Qui, in questo contesto narrativo, avviene la benedizione che la famiglia della donna dà alla donna stessa, dicendo:

«Tu, sorella nostra,
diventa migliaia di miriadi
e la tua stirpe conquisti
la porta dei suoi nemici!».

Ora, il termine “la tua stirpe”, è qui zeh’-rah, cioè “discendenza”, “posterità”, ossia il medesimo di Genesi 3,15 (la stirpe). Nella sua forma, breve e molto concisa, questa “benedizione” assomiglia molto alla “maledizione” al serpente di Gen 3,15, in senso ovviamente “positivo”: anche qui infatti è posta una opposizione fra una donna (con la sua stirpe) e i suoi nemici (in 3,15 rappresentati dal serpente). La stirpe di Isacco, per la via di Rebecca, è la medesima stirpe eletta che giunge sino a Gesù (cf. Lc 3,34).
Anche l’augurio di una “moltiplicazione” nella discendenza (“diventa migliaia di miriadi”), rimanda al testo del Protovangelo, poiché schiacciando la testa del serpente, è simboleggiata la moltiplicazione dei discendenti della donna. Amen

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