“La vita si è fatta visibile” (1Gv 1,1-3)

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“La vita si è fatta visibile” (1Gv 1,1-3)

 

Nel contesto del suo discorso iniziale presentato nella sua prima lettera, san Giovanni Apostolo usa un’espressione che solitamente viene posta tra parentesi o preceduta da dei trattini, come spiegazione di quanto precede. Questa espressione è che “la vita si è fatta visibile, e noi l’abbiamo vista e la testimoniamo”. La spiegazione sta nel fatto che in precedenza si parla del Verbo di vita, che essi (evidentemente il riferimento qui è ai discepoli della prima ora) hanno visto e toccato sensibilmente. In pratica l’idea forte che qui si vuole trasmettere è l’Incarnazione del Verbo (evento già fondamentale nel Vangelo dello stesso Giovanni), che viene evidenziato qui in quanto Verbo di vita manifestatosi agli uomini nella storia. Questa stessa espressione (“la vita si è fatta visibile”), assomiglia molto, da un punto di vista strutturale, all’espressione centrale che si rinviene nel Prologo del Vangelo di Giovanni, dove si dice che “Il Verbo si fece carne”. Se qui, tuttavia, il termine greco con il quale si esprime questo “divenire” carne è “egheneto” (“divenne”), nella sua prima lettera Giovanni usa invece il termine “ephanerōthē” (“si manifestò”): la differenza è quella sussistente tra l’idea di un Verbo che “diviene” carne (incarnazione) e di una Vita che si rende visibile (si manifesta), pur essendo ovviamente identico il soggetto di queste due operazioni, ossia il medesimo Verbo, in se stesso invisibile e coeterno al Padre.

Tuttavia la sfumatura teologica, cioè il passaggio dall’idea di “Verbo” (che si incarna) a quella di “Vita” (che si rende visibile), è molto elevata e interessante, non tanto dal punto di vista del predicato, ma da quello del soggetto, della sua declinazione da “Verbo” a “Vita”. Giovanni ci sta infatti dicendo che la Parola del Padre, il suo Verbo, è Egli stesso “Vita”, e che questa vita non è spirituale distanziamento dall’economia umana, ma si è resa addirittura umanamente tangibile, quasi alla maniera di un oggetto sensibile: “Noi l’abbiamo vista e la testimoniamo”.

Il discorso è chiaramente teologico: nessuna filosofia o umana idea, infatti, giunge a pensare la vita come Soggettività sensibile, disponibile all’economia visiva e tattile dell’uomo, una Vita che si “incarna” in quanto tale e la cui esperienza consegue un rapporto di comunione con essa, ossia di partecipazione del soggetto umano all’eternità della Vita in se stessa.

Giovanni, il grande testimone del Verbo incarnato, aggiunge quindi questa testimonianza – e subito all’inizio della sua prima lettera, in continuità teologica con il suo Vangelo – che apre il lettore ad una nuova comprensione dell’inestimabile vicinanza di Dio all’uomo nella sua esperienza esistenziale. Amen

 

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