“L’ascensione di Gesù al Cielo” – Francesco G. Silletta – “Il S. Rosario: contemplazione e mistero” – prossimamente con le Edizioni La Casa di Miriam
Contemplare il S. Rosario mistero per mistero. Essere presenti con tutto l’intelletto, con tutta l’immaginazione e ovviamente con tutto il nostro cuore a quanto ivi meditiamo. Ciò che ci viene estrinsecamente dato, ossia i titoli dei vari misteri da meditare, può essere intrinsecamente elaborato, formalizzato e, infine, davvero vissuto da parte nostra. Si può cioè fare l’esperienza viva, reale, attraverso il dono dello Spirito che infonde in noi la fede, di quanto Gesù ha storicamente vissuto, interpellato, realizzato per noi, nonostante la nostra distanza temporale rispetto a quell’evento unico della storia.
Ora ci mettiamo a confronto con i misteri della gloria. Già questo termine, così “sontuoso”, esprime un a-priori teologico: stiamo cioè entrando, meditando questi misteri, in un’area particolarmente “manifesta”, “sontuosa”, “potente” dell’esperienza di Cristo, che in se stesso è espressione vivente della gloria (greco δόξα, doxa) del Padre.
La qualificazione di “gloriosi” ci introduce così spiritualmente a qualche cosa di grande che incontreremo nella contemplazione di questi misteri, una partecipazione intensa all’esaltazione radiosa, alla manifestazione eccelsa della grandezza dell’opera di Cristo, inoltrandoci appunto dentro il mistero della sua gloria.
[…] Nel secondo mistero contempliamo l’ascensione di Gesù al Cielo. Siamo chiamati non solo ad “immaginare” (ovviamente sin dove immaginazione umana lo permetta), questo evento nella sua forma storica, ma anche a riflettere intellettivamente sulla sua forma teologica, sul nesso che esso possiede rispetto alla nostra personale esperienza cristiana. Alcuni studi ci vengono incontro nell’una e nell’altra aspirazione. Da un punto di vista storico, il Vangelo ci offre un senso primario assolutamente “formale” di questo avvenimento. Come scrive P. Grelot, differenziando questo “ritorno al Padre” di Gesù dato dall’ascensione fisica rispetto alla sua intima unione spirituale con lui (1), ivi viene descritta una vera e propria “levitazione” di Gesù dinanzi agli stupiti astanti. Gesù Risorto, cioè, ai loro occhi davvero si innalza fisicamente da terra e, salendo, scompare ad un certo punto dal loro raggio visivo. Immergiamoci con lo spirito in questo racconto. Facciamo nostro questo mistero. Se Gesù sta salendo verso il Cielo, cioè “ritorna al Padre”, noi possiamo con il nostro spirito inserirci in maniera viva nell’attualità di questa ascensione, supplicando Gesù, qui, nella nostra contemplazione, che al Padre conduca anche la nostra supplica, le nostre attuali necessità. Non lasciamo che Gesù ascenda senza il nostro “carico” spirituale. Dinanzi al Padre, infatti, egli è un “avvocato” per noi, come scrive san Giovanni. Se siamo caduti, facciamo controbilanciare questa caduta con la salita del Redentore alle dimore celesti.
Vi è tuttavia anche un senso teologico in questo mistero. San Paolo ce lo rivela chiaramente: può ascendere al Cielo (per forza propria, ndr), solo Colui che prima dal Cielo stesso è disceso (Ef 4,9; cfr. Gv 3,13). Ciò significa che Colui che ora ascende glorioso al Cielo, è lo stesso che con misericordia infinita “discese” dalla medesima realtà celeste, assumendo forma umana nel grembo di Maria (cfr. Gv 1,14). Questo rapporto fra discesa e ascesa (cui farà seguito, nella fede della Chiesa, una nuova e gloriosa “discesa” del Cristo giudice – (cfr. S. Agostino, Discorso n. 265), è segnato allora dall’economia storica di Gesù Cristo, dal suo ministero pubblico, dalla sua passione e morte. La storia di Gesù prelude, tende, è orientata a due momenti decisivi, entrambi di natura gloriosa e, appunto, ascetica: la risurrezione dai morti, che costituisce la prima glorificazione della sua umana natura, e appunto l’ascensione propriamente detta, l’atto stesso in cui, mediante la sua corporeità gloriosa, egli sale verso il Cielo e scompare allo sguardo umano, per manifestarsi d’ora in poi ad esso mediante il suo corpo mistico, la Chiesa.
Anche questa realtà teologica, come quella storica sopraccitata, ci permette di inserirci in termini partecipativi alla soprannaturalità di questo evento. La nostra memoria, per esempio, è chiamata a purificarsi, facendo scomparire per sempre, assieme a Gesù che scompare dall’umano sguardo, ciò che maggiormente ci accusa rispetto al nostro essere cristiani. “Ascendere con Cristo” nel nostro umano spirito ci permette di abbandonare per sempre ciò che ci lega ad un passato ormai sepolto con Cristo e ad introdurci alla beatitudine dell’economia di risorti. Inoltre, la nostra stessa speranza viene fortificata in modo infinito alla luce del termine dell’ascesi stessa di Cristo, che seppure noi non vediamo fisicamente, sappiamo essere il Padre. Anche noi siamo destinati a questo medesimo percorso verso l’intimità trinitaria, nel giorno in cui il Cristo stesso ci chiamerà. Ciò renderebbe “l’ora” presente totalmente diversa se essa fosse concepita al di fuori di questo mistico orizzonte. Tutto infatti è destinato a passare e noi a “trascenderlo”, nella nostra stessa vita umana, in forza di Cristo.
E ancora, la teologia di quell’evento dell’ascensione che ora meditiamo nel Rosario, ci dà la forza stessa di scoprire l’importanza della Chiesa come presenza viva di quel Cristo ora “nascosto” al di là del Cielo. Qui, nella Chiesa, è la dimora presente della nostra santificazione.
Iniziamo allora la recita di questo mistero con uno spirito sostenuto da tanta grazia effusa per noi.
Padre nostro – 10 Ave Maria – Gloria – O Gesù, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno… – Maria, Regina della Pace, prega per noi.
Francesco G. Silletta