“Le cose tolte ai poveri sono nelle vostre case” (Isaia 3,14) – Una interpretazione spirituale

“Le cose tolte ai poveri sono nelle vostre case” (Isaia 3,14) – Una interpretazione spirituale

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 5 persone e attività all'aperto

Da una prima interpretazione, queste parole del profeta Isaia, sono di natura “materiale”, nel senso che – anche alla luce del contesto in cui sono collocate – si riferiscono innanzitutto ai “poveri” (ebraico: ‘ănāwîm) in senso economico e sociale; le “cose tolte ad essi” (lett. “Il saccheggio”; ebraico: gezelah) sono anch’esse intese in senso concreto come cose sensibili; la “casa” (ebraico: bajit ) in cui esse vengono indebitamente trasferite, è quella concepita di mura, stanze, tetto, ossia un edificio materiale. In prima istanza, quindi, questa denuncia del profeta contro gli anziani e i capi del popolo (quelli di Gerusalemme, cui è rivolto questo oracolo), è di natura immediatamente “sensibile”, cioè ha una visibilità concreta nell’esperienza ordinaria della Gerusalemme di quel tempo. La situazione sociale del resto è stata efficacemente resa dal profeta mediante le immagini che hanno preceduto questo versetto, dove si denunciano, ad esempio, fenomeni infelici come “la violenza” (3,5), “l’arroganza” (3,5), “la lingua e le opere contro il Signore” (3,8), la “parzialità verso le persone” (3,9), “la compiacenza nel peccato” (3,9), e via dicendo, fino a rendere necessario l’intervento del giudizio di Dio: “Il Signore appare per muovere causa, egli si presenta per giudicare (“giudizio”, in ebraico: “din”) il suo popolo” (3,13). Un giudizio che, tuttavia, senza alcuno sconto di rigore, già prefigura un grande amore di perdono successivo, nell’immagine del “germoglio” e del resto di Israele, cioè di quei “santi” (cf. Is 4,3) che resteranno in vita a Gerusalemme.

Come si evince da una prima interpretazione del versetto di Isaia 3,14, dunque (“Le cose tolte ai poveri sono nelle vostre case”), esso ha un senso immediatamente materiale e storico-sociale. Tuttavia non è soltanto questo – ci pare – che il testo voglia significare. Una luce interpretativa di natura spirituale, infatti, è sempre presente nella testualità biblica e dona ad ogni essenza storica una significazione trascendente cui lo spirito del lettore è chiamato ad elevarsi. In tal senso, “le cose tolte ai poveri”, si possono chiaramente intendere come i beni spirituali. Ci aiuta a capire, qui, la precisazione di Isaia che questo oracolo del giudizio di Dio dinanzi a tutto ciò che sopra abbiamo evidenziato, cominci dalla classe dirigente, “con gli anziani e i capi del suo popolo” (Is 3,14). I “poveri” sono qui, dunque, quanti non possiedono la conoscenza delle cose divine che è intrinseca agli anziani del popolo, che è loro prerogativa di potere intellettuale e culturale e che essi, secondo la volontà di Dio, dovrebbero condividere ed elargire a quanti non la possiedono, cioè appunto quei “poveri”. Il discorso diviene allora spirituale. Nei Vangeli vi è una similitudine di ordine contenutistico a questo momento del testo di Isaia, ossia quando Gesù se la prende con gli scribi e i farisei dicendo loro: “Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienzaVoi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito” (Lc 11,52). E dove rimane ciò che viene “rubato” (poiché “rubare qualcosa a qualcuno significa anche non dargli quanto gli spetta, come appunto la scienza di Dio) a quei poveri? Dice Isaia: “Nelle vostre case”. Quali case? Non tanto quelle di mattoni, ma quelle spirituali dell’Io, e dell’Io superbo, che trattiene per se stesso, usandolo al modo di un vanto, ciò che dovrebbe essere condiviso con i poveri. In questa interpretazione spirituale di questo versetto di Isaia (3,14), dunque, si evidenzia una indebita presenza di ciò che dovrebbe appartenere ai poveri (spiritualmente intesi) e che invece gonfia la casa (“bet”) – la casa spirituale dell’Io – dei ricchi.

Questo ordine di ingiustizia e di discriminazione non è tollerabile agli occhi di Dio (e non lo sarà in modo esplicito anche nell’esperienza umana di Gesù). Di qui la necessità del suo intervento di giudizio. Quel “resto di Israele”, che il capitolo 3 di Isaia – con l’elenco delle varie ingiustizie – premette, e che sarà poi citato al capitolo 4, viene dunque già preliminarmente concepito dal profeta secondo una naturalizzazione “spirituale” dell’atteso “germoglio”  (eb. “ṣemaḥ”), che dal capitolo 11 di Isaia assumerà sempre più significativamente una prefigurazione di Cristo: “Un germoglio spunterà dalla stirpe di Iesse…”.

Amen – F.G. Silletta

 

Pubblicato da lacasadimiriam

La Casa di Miriam è un centro editoriale cattolico ed un cenacolo di preghiera operativo 24h