Leone XIII – alcuni spunti biografici e magisteriali

Pope

Al secolo Gioacchino Pecci, nato a Carpineto Romano il 2 marzo 1810 (per l’esattezza il suo nome storico è molteplice: Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci). Divenne sacerdote nel dicembre 1837. Nel 1843 divenne Nunzio del Belgio. Pochi anni dopo, nel 1846, fu nominato Vescovo di Perugia. Nel 1853 il Papa Pio IV lo nominò cardinale. Il 20 febbraio 1878 fu eletto Papa, in sostituzione del deceduto Pio IX. Morì il 20 luglio 1903, a 93 anni, dopo oltre 25 anni di pontificato.

Autore di moltissimi documenti, in modo speciale ebbe un peso specifico significativo per gli studi biblici del suo tempo, mediante la pubblicazione dell’Enciclica “Providentissimus Deus”, del 1893, nella quale sottolinea l’importanza di un continuo studio e meditazione della divina parola, ricordando che “Gesù prova con le sacre Scritture di essere stato mandato da Dio, e si proclama Dio; da esse prende gli argomenti per ammaestrare ì suoi discepoli e per confermare la sua dottrina; da esse rivendica testimonianze contro le calunnie dei suoi denigratori e le oppone, per redarguirli, ai sadducei e ai farisei, e le ritorce anzi contro lo stesso satana che impudentemente osa tentarlo. Di esse si servi anche alla fine della sua vita, e, risuscitato, le spiegò ai discepoli, sino a che ascese alla gloria del Padre”.

Un’altra Enciclica che ci interessa in modo significativo è la Catholicae Ecclesiae, del 1890, nella quale oltre a combattere il persistere della schiavitù in diverse aree del mondo, il Papa difende l’operato della Chiesa in questa direzione ed esorta una dinamica di evangelizzazione – in modo speciale del continente africano – in modo tale che il lieto annuncio del Vangelo sia di per se stesso un mezzo di abolizione della schiavitù socialmente intesa.

Nell’Encilica “Immortale Dei” del 1885, poi, sottolinea la responsabilità di giustizia e di equità che grava sui governanti,  poiché – scrive il Papa –  “in alcun modo deve accadere che l’autorità civile serva l’interesse di uno o di pochi, una volta che è stata istituita per il bene comune. Ché se i governanti si abbandoneranno ad un ingiusto dominio, se peccheranno di durezza o di superbia, se non provvederanno adeguatamente al bene del popolo, sappiano che dovranno un giorno render ragione a Dio, e con tanta maggior severità, quanto più venerabile ufficio avranno ricoperto e più sublime dignità avranno conseguito”.

Nella famosa enciclica “Aeterni Patris” del 1879, invece, difende il valore sussidiario ed illuminante dell’umana ragione nel contesto della fede, poiché essa ci dimostra esservi un Dio (cf. Sap 13,5): la ragione “fornisce pienissima fede ed autorità alla parola di Dio […],dichiara che la dottrina evangelica, fin dalla sua prima origine, sfolgorò per mirabili segni, per argomenti infallibili di sicura verità, e che quanti credono al Vangelo non vi credono imprudentemente, quasi fossero seguaci di dotte favole (cf. 2Pt 1,16), ma con ossequio del tutto ragionevole assoggettano l’intelletto e il loro giudizio alla divina autorità”.

Molto legato al primato dell’anima e delle sue attività spirituali, Leone XIII afferma nell’enciclica “Sapientiae Christianae” del 1890 che “si è realizzato un non comune progresso dei beni che riguardano il corpo e le cose materiali, ma tutta la natura sensibile, il possesso dell’energia e dell’agiatezza, se possono generare comodità e aumentare la dolcezza della vita, non possono soddisfare l’anima che è nata per destini più grandi e più alti. Contemplare Dio e tendere a Lui è la suprema legge della vita degli uomini, i quali, creati a immagine e somiglianza divina, sono fortemente invitati a possedere il loro Creatore. Ma non si va a Dio con le tendenze e le esigenze del corpo, bensì con la conoscenza e l’affetto che sono atti dell’anima. È Dio, infatti, la prima e suprema verità, e la nostra mente non si pasce che di verità: alla santità perfetta e al sommo bene può aspirare e accedere soltanto la nostra volontà sotto la guida della virtù”.

L’enciclica più conosciuta di Leone XIII rimane comunque la “Rerum novarum” del 1891, con la quale difende le categorie di lavoratori più deboli ed esposte a vari rischi di prevaricazione ed ingiustizia.

Amen

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