L’importanza del celibato sacerdotale

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“L’importanza del celibato sacerdotale” – da una splendida udienza di S. Giovanni Paolo II (17 luglio 1993) – nn. 5-6:

  1. Il Concilio Vaticano II enuncia i motivi di tale “intima convenienza” del celibato con il sacerdozio: “Con la verginità o il celibato osservato per il Regno dei cieli, i Presbiteri si consacrano a Cristo con un nuovo ed eccelso titolo, aderiscono più facilmente a Lui con un amore non diviso, si dedicano più liberamente in Lui e per Lui al servizio di Dio e degli uomini, servono con maggiore efficacia il suo Regno e la sua opera di rigenerazione divina, e in tal modo si dispongono meglio a ricevere una più ampia paternità in Cristo”. Essi “evocando così quell’arcano sposalizio istituito da Dio, e che si manifesterà pienamente nel futuro, per il quale la Chiesa ha come suo unico Sposo Cristo… diventano segno vivente di quel mondo futuro, presente già attraverso la fede e la carità, nel quale i figli della risurrezione non si uniscono in matrimonio” (PO 16; cf. Pastores dabo vobis, 29; 50; CCC1579).

Sono ragioni di nobile elevatezza spirituale, che possiamo riassumere nei seguenti elementi essenziali: l’adesione più piena a Cristo, amato e servito con un cuore non diviso (cf. 1 Cor 7, 32-33); la disponibilità più ampia al servizio del Regno di Cristo e, all’adempimento dei propri compiti nella Chiesa; la scelta più esclusiva di una fecondità spirituale (cf. 1 Cor 4, 15); la pratica di una vita simile a quella definitiva nell’al di là, e perciò più esemplare per la vita nell’al di qua. Ciò vale per tutti i tempi, anche per il nostro, come ragione e criterio supremo di ogni giudizio e di ogni scelta in armonia con l’invito di “lasciare tutto”, rivolto da Gesù ai discepoli e specialmente agli Apostoli. Per questo il Sinodo dei Vescovi del 1971 ha confermato: “La legge del celibato sacerdotale, vigente nella Chiesa latina, deve essere integralmente conservata” (Ench. Vat., IV, 1219).

  1. È vero che oggi la pratica del celibato trova ostacoli, a volte anche gravi, nelle condizioni soggettive e oggettive in cui i Sacerdoti vengono a trovarsi. Il Sinodo dei Vescovi le ha considerate, ma ha ritenuto che anche le odierne difficoltà siano superabili, se si promuovono “le condizioni opportune, e cioè: l’incremento della vita interiore con l’aiuto della preghiera, dell’abnegazione, dell’ardente carità verso Dio e verso il prossimo, e con gli altri sussidi della vita spirituale; l’equilibrio umano attraverso un ordinato inserimento nella compagine delle relazioni sociali; i fraterni rapporti e i contatti con gli altri Presbiteri e col Vescovo. attuando meglio, a tale scopo, le strutture pastorali, e anche con l’aiuto della comunità dei fedeli” (Ivi, IV, 1216).

È una sorta di sfida che la Chiesa lancia alla mentalità, alle tendenze, alle mentalità, alle tendenze, alle malie del secolo, con una sempre nuova volontà di coerenza e di fedeltà all’ideale evangelico. Per questo, pur ammettendo che il Sommo Pontefice possa valutare e disporre il da farsi in taluni casi, il Sinodo ha riaffermato che nella Chiesa latina “l’ordinazione presbiterale di uomini sposati non è ammessa neppure in casi particolari” (Ivi, IV, 1220). La Chiesa ritiene che la coscienza di consacrazione totale, maturata nei secoli, abbia tuttora ragione di sussistere e di perfezionarsi sempre più.

La Chiesa sa pure, e lo ricorda ai Presbiteri e a tutti i fedeli col Concilio, che “il dono del celibato, così confacente al sacerdozio della Nuova Legge, viene concesso in grande misura dal Padre, a condizione che tutti coloro che partecipano del Sacerdozio di Cristo col sacramento dell’Ordine, anzi la Chiesa intera, lo richiedano con umiltà e insistenza” (PO 16).

Ma forse, ancor prima, è necessario chiedere la grazia di capire il celibato sacerdotale, che senza dubbio include un certo mistero: quello della richiesta di audacia e di fiducia nell’attaccamento assoluto alla persona e all’opera redentiva di Cristo, con un radicalismo di rinunce che agli occhi umani può apparire sconvolgente. Gesù stesso, nel suggerirlo, avverte che non tutti possono capirlo (cf. Mt 19, 10-12). Beati coloro che ricevono la grazia di capirlo, e rimangono fedeli su questa via!

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