Sulla mediazione di Maria

“Sulla mediazione di Maria”

René Laurentin
(Dal libro di R. Laurentin, Court Traité sur la Vierge Marie (1968), tr. it. “La Vergine Maria”, Paoline, Roma 1970,

pp. 302-304

“La mediazione di Maria fu prima di tutto la purissima intercessione della sua preghiera prima dell’annunciazione: intercessione già materna, perché Maria, meglio di Debora, meritava di essere chiamata “Madre nel popolo di Dio” (Gdt 5,7). Infatti, la mediazione che Israele aveva esercitato dopo Abramo in favore del mondo peccatore (Gen 18,17-23) raggiunse in lei la sua più alta efficacia.
Poi ci fu il compito di collegamento che lei esercitò nell’incarnazione: la sua santità fu un ponte tra il Dio santo e l’umanità peccatrice; per lei il Verbo poté entrare senza macchia nella razza macchiata. È in questo momento che Maria è mediatrice nel senso più significativo della parola, così intermediaria tra la corruzione umana e la trascendenza divina per l’incarnazione del Figlio di Dio.
Da quando il Verbo si fece uomo, divenne “il solo Mediatore” (1Tm 2,5). Da quel momento la mediazione di Maria assume un significato nuovo: non prepara più la mediazione di Cristo, ma la accompagna partecipandovi dall’interno, anche laddove la sua mediazione sembra prendere una specie di consistenza propria, quando cioè compie quel collegamento che abbiamo visto tra Cristo e la Chiesa. Senza dubbio le condizioni materiali della vita terrena le danno ancora una parte che può essere chiamata in un certo senso mediatrice: porta Gesù, che si è incarnato in lei, alla cugina Elisabetta e a Giovanni Battista; lo mette nelle braccia di Simeone; intercede a Cana per far osservare a Gesù quel fatto materiale che il vino è venuto a mancare. Senza dubbio la parte che Maria esercita in tutto ciò conserva qualcosa della perennità che è quella dei misteri della vita di Cristo. Ma in cielo, nella gloria, le limitazioni che erano collegate all’infanzia o all’umanità di Cristo, quelle limitazioni che richiedevano il suo intervento mediatore, sono superate. Lassù Maria non è tanto mediatrice “presso” il Mediatore, quanto “in lui” e “per mezzo di lui”. Non solo tutte le risorse che impiega nella sua mediazione sono prima di tutto e integralmente un dono “del solo Mediatore”, ma tutta la sua situazione di intermediaria si trova superata dal suo stato di comunione totale, di interiorità totale nei riguardi di Cristo. La parola mediazione non ha dunque più che un senso relativo.
In definitiva, la “mediazione universale” di Maria nel senso che prevale oggi, non è che un altro nome della sua maternità universale, nei riguardi degli uomini. Per di più, quest’ultima espressione presenta dei vantaggi sulla precedente: è più concreta, più biblica (Gv 19,25-27); è insegnata più formalmente dal Concilio; manifesta in modo più ovvio il fondamento del compito di Maria nei riguardi degli uomini; evita di urtare contro il testo paolino su Cristo unico Mediatore. Si potrebbe aggiungere che parla meglio al cuore degli uomini. Sembra dunque semplice. E tuttavia ha la sua complessità. La maternità di Maria nei riguardi degli uomini non ha lo stesso fondamento che la sua maternità nei riguardi di Cristo. Infatti Maria ha generato Gesù corporalmente, mentre è spiritualmente, è per adozione che è divenuta “Madre delle membra che siamo noi … non è Madre in spirito del Salvatore nostro capo; ne è piuttosto nata spiritualmente”, dice sant’Agostino. L’unità innegabile che esiste tra queste due maternità dipende dall’unità della missione di Maria, dal modo con cui la grazia si diffonde in lei, dalle possibilità materne del cuore femminile per questo duplice compito, infine dall’unità degli uomini in Cristo”

Fonte: Francesco Gastone Silletta – La Casa di Miriam Torino

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