Non c’è una malattia, mentale o corporale, che Gesù non possa guarire

Non c’è una malattia, mentale o corporale, che Gesù non possa guarire e il fatto che uno muoia non testimonia affatto contro questa verità

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Innanzitutto, se è la verità cristiana quella a cui uno si riferisce, si deve tener conto di cosa ci insegni la Scrittura – ma anche la stessa vita di Gesù – in relazione alla morte. Essa non è pensata originariamente da Dio, né da lui creata come siamo abituati a sperimentarla. Le parole del libro della Sapienza (solo per citare uno dei tanti testi dell’Antico Testamento su questo tema), che ci dicono che “Dio ha creato l’uomo per l’immortalità” e che “La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo” (cf. Sap 2,23-24), sono sufficientemente eloquenti per non attribuire a Dio alcuna volontà di morte per il genere umano. Le stesse parole di Gesù ai sadducei (che non ammettevano l’idea di risurrezione), ossia che “Dio non è dei morti, ma dei vivi” (Mt 22,32), testificano questo concetto e creano le basi per successivi approfondimenti che qui tuttavia non ci interessano. Piuttosto, ci interessa considerare la relazione ontologica che Gesù rivendica fra se stesso e la vita. Si definisce più volte come “Vita” egli stesso, vita immortale, vita che rimane, vita eterna. Alla luce di ciò, egli testimonia nel concreto della sue treenne esperienza di ministero pubblico quanto egli si opponga a qualsiasi idea di morte che attanagli l’uomo, sia nel corpo che nello spirito. Persino un uomo come Lazzaro, già deceduto da diversi giorni, “non è stato abbandonato nel sepolcro”, per dirla imitando il Salmo 15, ma è stato risuscitato da Gesù con il potere di Dio.
Ciò non implica l’annullamento della morte corporale dall’esperienza umana. Essa rimane quel passaggio obbligato che, dalla colpa di Adamo in avanti, segna il transito umano all’esperienza della Vita eterna, immediatamente, in quanto all’anima, e passando dalla risurrezione della carne, per quanto attiene a quest’ultima. Gesù si inserisce in questa “obbligazione” con la quale l’umanità è segnata sino alla fine dei tempi come Colui che, essendo Dio, ha il potere di guarire, di risuscitare chi è morto (anche nello spirito), di far tornare all’esistenza colui che l’ha perduta. Questo poiché vita è un concetto che umanamente deve essere assunto come partecipazione e non in senso assoluto. Solo Dio è vita in quest’ultimo senso. Solo lui la dona, la toglie, la perfeziona o eventualmente a livello terreno la ridona. Non esiste alcuna potenza mortifera capace di opporsi alla volontà vivente della Vita stessa, Gesù Cristo, né un uomo o una forza angelica capace di sostituirsi a Dio in questa proprietà. Se un uomo muore, umanamente parlando, spesso non sappiamo quali disegni Dio avesse in riferimento a lui per quanto attiene alla vita eterna. Alcuni scritti testimoniano la volontà di Dio di preservare quell’uomo da possibili corruzioni nel mondo, talvolta è lo stesso amore infinito di Dio che ha come “fretta” di amare in eterno, chiamandola a sé, un’anima. Vi è sempre una ragione, infinitamente superiore a quella umana, che giustifica secondo il bene la morte di chiunque, anche quando è prematura, inspiegabile o peggio dolorosa. Tutto attiene al passaggio alla Vita eterna, che Gesù Cristo ha meritato per tutti coloro che muoiono nella sua grazia. Invocando Gesù, anche nelle situazioni più drammatiche della vita umana, l’investimento non è mai vano o inutile, poiché dove si chiama con fede la Vita, Vita si ottiene, per sé e con ancor più merito per gli altri. Amen
Amen

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