“Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce” (Gv 5,28-29)

“Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna” (Gv 5,28-29)

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In questo dialogo tra Gesù e i Giudei – sebbene per come viene narrato da Giovanni esso presenti solo l’esposizione di Gesù e nessuna risposta dai suoi interlocutori – Gesù stesso sviscera alcuni dettagli della sua relazione filiale con il Padre. In questa argomentazione, egli sottolinea il suo potere di Figlio di avere la vita in se stesso e di poter dare la vita a chi egli vuole. Nell’approfondimento che lo stesso Gesù esplicita, ciò dipende dalla volontà del Padre, del quale egli vede ogni atto e lo ripete nella sua esistenza. Gesù è colui che dona la vita e, come nel versetto in oggetto viene argomentato, viene l’ora che quanti hanno lasciato questo mondo siano convocati da lui al giudizio, per la vita – se i loro atti sono stati buoni – o per la condanna, se non lo sono stati. Ciò che sorprende è come Gesù esorti i suoi uditori, a inizio della sua esposizione, a non meravigliarsi di tutto ciò: una conoscenza del mistero trinitario e del potere del Figlio che gli viene dal Padre sul poter dare la vita a chi vuole, viene a suo modo data per conosciuta da Gesù stesso in chi lo ascolta. Non siamo noi cristiani ad avere in tal senso introdotto nella storia religiosa, in senso assoluto, il mistero del Dio uno e Trino, né ad aver per primi evocato l’idea di un Dio Trinità e di relazioni paterno-filiali. Gesù lascia intendere nelle sue parole come – sebbene ovviamente non integralmente – qualcosa di questo mistero fosse deducibile già nella cultura religiosa del suo tempo, alla luce delle antiche Scritture. È per questo che egli dice di “non meravigliarsi” e che spesso evoca le Scritture a testimonianza di se stesso. L’onore perfetto del Padre consiste nel riconoscimento del Figlio, al quale ha rimesso ogni giudizio sull’uomo, essendo egli stesso “Figlio dell’Uomo” (cf. Gv 5,27). E in tal senso il rifiuto dell’onore e della gloria del Figlio, è un rifiuto anche del Padre, cosa che Gesù sottolinea esplicitamente ai suoi interlocutori Giudei. Amen

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