“Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra” (Mt 6,3) (μὴ γνώτω ἡ ἀριστερά σου τί ποιεῖ ἡ δεξιά σου)

“Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra” (Mt 6,3)

(μὴ γνώτω ἡ ἀριστερά σου τί ποιεῖ ἡ δεξιά σου)

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Queste parole sono tratte dal Vangelo di Matteo, dove nel capitolo 6 viene esposto il discorso di Gesù sul modo di fare l’elemosina, di digiunare e di pregare. La parola chiave, in questo insegnamento, è “segreto” (cf. 6,6). Gesù ci insegna a non essere superbi anche nel presunto fare il bene, poiché se macchiato di superbia e di compiacenza di se stessi, questo “bene” diviene negativo, cioè è un male volto a glorificare se stessi. In molti modi, questo concetto è esplicitato nel capitolo 6 di Matteo e in contesti distinti della quotidianità dell’uomo. Uno di questi contesti è quello della preghiera personale, che non ha bisogno di manifestazioni estrinseche, né di umane complimentazioni, per essere efficace, ossia gradita a Dio: “Entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto (greco: en to kryptō), senza cercare chissà quali risonanze umane atte a manifestare ciò che si fa.

Lo stesso concetto, fondamentalmente, vale anche nel discorso sul digiuno (greco: néstis). Gesù non sminuisce affatto il valore di una volontaria astinenza alimentare offerta a Dio, ma condanna l’entusiasmo patetico di quanti, nell’operarla, si atteggiano a persone in cerca di umana compiacenza. In tal senso Gesù chiede che, come la preghiera, anche il digiuno possieda una sua “segreta” discrezione: “La gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo che è nel segreto” (greco: to en to kryphaiō).

Ancora più intensa, tuttavia, è l’esortazione che Gesù dà sulla santità di un atto buono compiuto nel segreto, quale antidoto alla superbia, relativamente all’elemosina. Nel greco del Vangelo di Matteo – ma concettualmente in tutto il Vangelo – “l’elemosina” (greco: “eleémosuné”), trascende di molto il puro atto di dare dei soldi a qualcuno, anche se non lo esclude affatto (ci sono invece alcuni omileti che estremizzano questo aspetto trascendente dell’elemosina, quasi che esso non contempli mai il concreto atto di “fare la carità”). Elemosina è un atto d’amore e di pietà, che induce il soggetto a divenire il benefattore di qualcun altro per qualsiasi motivo. Gesù esige che questa attività – essendo essa inserita nella più vasta area teologica della “carità” (cioè l’amore, non la carità economica) – avvenga a sua volta “nel segreto”, senza ipocrisie teatrali che echeggino dinanzi agli altri l’atto di elemosina compiuto, con l’intento di una umana complimentazione. Gesù è qui lapidario: “”Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra” (Mt 6,3). Il verbo esatto sarebbe qui “conoscere”, al modo di una intellettuale partecipazione. Gesù chiede che l’elemosina compiuta rimanga “segreta”. Ciò non implica affatto che nessuno vedrà quel gesto di bontà: chi infatti lo vedrà e lo ricompenserà, è il Padre, che “vede nel segreto” (greco: “o blepon en to kryptō), secondo la sua santa e infallibile giustizia.

Se agissimo come Gesù ci insegna, in ogni cosa, non esisterebbe più l’autocompiacenza delle buone azioni, la quale viene ad annullarle in quanto tali. La compiacenza utile, infatti, è unicamente quella del Padre, unico a saper leggere la segretezza del cuore e l’intenzionalità autentica con cui uno agisce, anche quando apparentemente compie una buona azione. Amen

 

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Pubblicato da lacasadimiriam

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