SANTA GIOVANNA D’ARCO – Dalla bolla “Divina disponente” – di Benedetto XV, che proclama Santa la Beata Giovanna d’Arco (16-5-1920)
“[…] Gli Inglesi nutrivano per Giovanna un odio mortale e volevano a tutti i costi la sua morte, perché era venuta in soccorso al cristianissimo Re di Francia, e la temevano soprattutto per le vittorie ottenute per mezzo di lei; e, avendo saputo che in Francia la Pulzella era considerata come inviata da Dio, tentarono di mandarla al rogo, come strega. Poco tempo prima essi stessi avevano già condannato al rogo una povera donna, a Parigi, solo perché aveva detto che la Pulzella era santa e aveva agito per volontà di Dio. Poiché poi il processo tendeva anche a coprire d’infamia il Re di Francia, gl’Inglesi misero ogni cura perché anche Giovanna fosse colpita da infamia e fosse condannata come eretica, decretando fin dall’inizio la morte della Pulzella. Il Re inglese Enrico VI, il 3 gennaio 1431 scrisse ai giudici che, se per caso Giovanna non fosse stata condannata nel processo come eretica e strega, egli si riservava il diritto di trattenerla. E i giudici, per propria sicurezza, chiesero e ottennero una lettera di difesa dal Re d’Inghilterra.
Tutti i testimoni contemporanei, interrogati, dichiararono sinceramente che il processo era stato imbastito « per volontà e pressione degl’Inglesi », i quali tennero sempre Giovanna sotto la loro sorveglianza e non permisero che fosse custodita nelle carceri ecclesiastiche. Qualche storico, quasi contemporaneo, scrisse che la passione della Pulzella prese inizio da questo processo. Testimoni oculari riferirono che lei era in prigione, con ceppi di ferro, e chiusa in una gabbia di ferro con collo, mani e piedi legati; i custodi della sua prigione erano uomini pessimi, senza nessun rispetto e sporchi di ogni macchia di vizio.
Secondo non pochi testimoni, questo processo, che durò quattro mesi, fu non soltanto iniquo, ma anche difettoso e nullo.
In quel periodo fu davvero mirabile il modo di comportarsi della Pulzella: lei, che ancora non raggiungeva il ventesimo anno di età, se ne stava con animo così tranquillo, e rispondeva con tanta prudenza alle domande dei giudici, che tutti la guardavano meravigliati. E i testimoni, per quanto riguarda la sua fede e devozione in questo periodo, dichiararono che lei chiedeva sempre di potere ascoltare la Messa, specialmente nei giorni festivi, e di ricevere la santissima Eucaristia, e si doleva molto che le fossero negati questi conforti spirituali.
Durante lo stesso processo la Pulzella si ammalò e gl’Inglesi furono presi dal grandissimo timore che potesse morire di morte naturale, per cui le furono mandati molti medici, uno dei quali, fra le altre cose, riferisce: « Il Re l’aveva comprata a caro prezzo e non voleva che morisse se non per condanna, e che fosse bruciata ». Dopo che fu rimessa in salute, ma non ancora ripresa nelle forze, il processo fu continuato senza indugi.
Giovanna nelle sue risposte dichiarava più e più volte di volersi sottomettere in tutto al giudizio della Chiesa Cattolica Romana, ma i giudici le insinuavano che doveva sottomettersi a loro stessi, in quanto rappresentanti della Chiesa. Interrogata se voleva sottomettersi al Signor Papa, rispose di sì, ma non voleva sottomettersi ai giudici lì presenti, perché erano suoi nemici mortali. Questa risposta, che gli stessi giudici avevano prevista, fu il fondamento dell’accusa, in quanto le fu attribuito il falso significato che Giovanna non volesse sottomettersi alla Chiesa.
Altro capo di accusa fornirono ai giudici le sue visioni e rivelazioni, che essi dicevano provenire da uno spirito maligno, e specialmente quelle vesti maschili, che Giovanna aveva detto di avere indossato per comando divino. Queste accuse furono raccolte in dodici articoli, e alcuni uomini, specialmente dell’Università di Parigi, ostilissimi alla Pulzella, sebbene all’oscuro del processo, espressero un’opinione contraria a Giovanna. Non mancavano però altri, in Francia, che la difendevano con tutte le forze: anzi furono preparate in quel tempo diverse domande per la sua liberazione. Del resto però erano palesi la nullità e la malizia di questo processo tanto che, giunto alla città di Rouen dalla Normandia il celeberrimo sacerdote Giovanni Lohier, Decano degli Uditori della Romana Rota, richiesto della sua opinione sul processo della Pulzella, alla presenza del Vescovo, affermò che esso era nullo per molti motivi. In seguito altri uomini dottissimi, anche importanti per dignità ecclesiastica, dimostrarono in modo chiaro l’ingiustizia e la nullità del processo e, per amore di verità e per dar loro onore, vogliamo ricordare il Cardinale Elia de Bourdeille, Vescovo di Perigueux, Giovanni Gerson, Teodoro de Lellis, Uditore della Sacra Romana Rota, il Pontano, Avvocato del Sacro Concistoro, e altri autorevolissimi giureconsulti.
Fino alla fine del processo, e anche davanti al carnefice, la Pulzella non volle mai rinnegare le sue visioni e rivelazioni, quantunque i giudici usassero ogni astuzia perché ella le rigettasse come false. E davvero era molto importante per gl’Inglesi che ella prima di essere condannata dichiarasse false e menzognere le sue visioni e rivelazioni; infatti, se ella fosse rimasta ferma nelle sue affermazioni, sarebbe sempre rimasta nel popolo l’opinione che la sua missione era stata ricevuta da Dio. Perciò i giudici, per ottenere lo scopo desiderato, provarono, come estremo rimedio, la vista del popolo e del carnefice. E il 24 maggio dello stesso anno 1431, Giovanna fu condotta nella piazza del sepolcreto di Saint-Ouen, dove, su un palco eretto a questo scopo, stava il Vescovo con il Cardinale di Winchester, i giudici, i dottori e molti altri. La Pulzella fu collocata su di un pulpito davanti a tutti, e vedeva anche il carnefice, che era nella strada con un carro e aspettava che il corpo di Giovanna fosse dichiarato da bruciarsi.
Ma prima Nicola Loyseleur, che tradiva con perfidia la Pulzella, le disse che avrebbe evitato il pericolo di morte, se avesse fatto quanto le veniva ordinato. Mastro Guglielmo Erard fece un discorso, e contro il Re di Francia, fra le altre cose, disse questo: «O Regno di Francia, sei ritenuto e chiamato cristianissimo, e i tuoi Re e Principi cristianissimi: ma adesso per opera tua, Giovanna, anche il tuo Re che si dice Re di Francia, aderendo a te e credendo alle tue parole, è diventato eretico e scismato ». La Pulzella, nella sua umiltà, non disse niente su di sé, ma volle difendere il Re come buon cristiano; il maestro predetto impose il silenzio a Giovanna, e terminò il discorso. Ma la Pulzella affermò di non aver fatto nulla di male, che credeva nei dodici articoli di fede e nei dieci precetti del decalogo, e che voleva credere in tutto ciò che la Santa Chiesa di Dio crede; allora il Vescovo disse a Giovanna che i Vescovi erano giudici nella loro diocesi e perciò ella doveva sottomettersi a loro.
Intanto il maestro Erard porse alla Pulzella la scheda dell’abiura perché la firmasse, ma Giovanna dichiarò: « Sia esaminata questa scheda dal clero e dalla Chiesa, nelle cui mani devo essere posta e, se mi daranno il consiglio di firmarla e di fare ciò che viene detto, lo farò volentieri ». A lei il maestro Erard rispose: « Fallo subito, altrimenti oggi finirai i tuoi giorni nel fuoco ». E nello stesso tempo cominciò la lettura della sentenza di condanna. Giovanna, ormai senza più forze, atterrita dalle minacce, sbalordita da tanti consigli ed esortazioni, fu costretta a cedere, rimettendosi alla coscienza dei giudici. Allora le fu letta una piccola scheda di abiura, con la quale le si imponeva di non mettersi abiti maschili, di non portare armi e altre cose di questo genere. Se fossero state scritte altre cose, soprattutto sulle visioni e rivelazioni della Pulzella, i giudici temevano che la sua coscienza la facesse recedere dal proposito. Ma al posto della scheda che, secondo la testimonianza di Giovanni Massieu e di altri che erano presenti, riportava circa otto righe e non di più, nel processo ne fu inserita un’altra assai più lunga.
D’altronde, poiché Giovanna non sapeva scrivere, tracciò un segno rotondo con una croce, a mo’ di derisione, sulla scheda che le veniva consegnata. Poi chiese al Promotore se sarebbe stata messa nelle mani della Chiesa, come le era stato promesso; ma, al contrario, fu condannata al carcere perpetuo nello stesso castello di Rouen, sotto la medesima custodia degl’Inglesi. Allora ci fu un gran tumulto fra i presenti, e furono tirati molti sassi.
Dopo il mezzogiorno del giovedì, cioè il 24 del mese di maggio, quando la Pulzella, in abito femminile, tornò nello stesso carcere, dovette soffrire molto da parte degl’Inglesi, che la vessarono in molti modi, ed erano così adirati, anche contro i giudici, che, tre giorni dopo, essendo entrati alcuni di essi nel castello per vedere Giovanna, sfoderate le spade, furono violentemente respinti da quelli.
La Pulzella intanto si era rimessa l’abito maschile, per proteggere meglio la sua verginità; infatti fu tentata con violenza dai custodi e anche da un uomo di grande autorità; e, interrogata dai giudici sul motivo per cui si era rimesso l’abito maschile, rispose che lo aveva fatto per difendere la sua purezza. Interrogata poi se avesse avuto altre visioni, Giovanna rispose sinceramente di essere stata rimproverata dalle voci celesti a causa dell’abiura, che tuttavia dichiarò di avere emessa sotto violenza e per paura, ché anzi non l’aveva nemmeno capita. Interrogata infine se voleva rimettersi l’abito femminile, rispose di essere pronta, a patto di essere messa in un luogo sicuro.
Il 29 maggio i giudici si radunarono, e fu decretata la morte della Pulzella, come recidiva. Il giorno seguente, al mattino presto, due sacerdoti furono mandati dal Vescovo in carcere, da Giovanna, per prepararla alla morte. La povera fanciulla, sentendo che doveva essere bruciata, cominciò a piangere per la malizia degli uomini, che facevano bruciare il suo corpo inviolato. Ma subito sollevò il suo animo angosciato, riponendo ogni speranza e fiducia in Dio. Ricevuto il sacramento della Penitenza, chiese lei stessa la santissima Eucaristia, poi, circondata da circa 800 soldati inglesi, fu condotta nella piazza del mercato vecchio; sulla sua testa, in una carta, era scritto: « Eretica, strega, apostata, recidiva ». Lungo il percorso, mentre versava devote lacrime, raccomandava la sua anima a Dio e ai Santi con tanta devozione da muovere al pianto quelli che l’udivano.
C’erano in piazza tre palchi, due per i giudici e i prelati, e un terzo, dove era pronta la legna per bruciare Giovanna. Giunta sulla piazza, rivestita di una lunga tunica, come aveva chiesto, davanti a una grande moltitudine di popolo, ella ascoltò il discorso del maestro Nicolò Midi, il quale, quando ebbe terminato, disse alla Pulzella: «Va’ in pace, la Chiesa ti consegna in mano secolare ». Alcuni assessori chiedevano giustamente che le venisse letta di nuovo la formula dell’abiura, ma non ci fu verso; anzi, fu subito emessa la sentenza di condanna senza nessun parere del giudice secolare, e così, presa con gran violenza dagli Inglesi armati, fu condotta al supplizio. La Pulzella, in ginocchio, rinnovava le sue preghiere a Dio; chiese perdono a tutti, e pregò i sacerdoti che celebrassero, ciascuno una Messa per la sua anima. Chiese una piccola croce che un Inglese, che era presente, formò con un bastone; baciatala con la massima devozione, Giovanna se la ripose in seno. Ma volle avere anche la croce della Chiesa, e l’ottenne. Poi, salutati i presenti, fu spinta dal carnefice a salire la catasta di legna, che era fatta a mo’ di ambone, e il carnefice appiccò il fuoco dal di sotto.
In quest’ora suprema, la Pulzella comprese bene la predizione della sua liberazione, che aveva udito dalle voci celesti: « Sopporta tutto di buon grado: non ti preoccupare e non ti spaventare per il martirio: entrerai nel regno del Paradiso ». Comprese chiaramente che la morte le era data a causa della sua missione e, raccomandandosi con tutte le forze non soltanto alla santissima Vergine Maria, ma al beato Michele Arcangelo, alla beata Caterina e a tutti i Santi, fino all’ultimo momento della sua vita dichiarò di aver fatto tutto per volontà di Dio. Pregò il confessore di sollevare la croce del Signore, perché potesse vederla; cosa che egli fece; e Giovanna, abbracciandola mentre versava gran copia di lacrime, con gran devozione la baciava finché, invocando di continuo fra le fiamme il santissimo nome di Gesù, rese l’anima.
La santa morte della Pulzella suscitò l’ammirazione di tutti a tal punto che anche i suoi nemici ne rimasero molto spaventati, e lo stesso carnefice dichiarò che Giovanna era stata condannata a morte iniquamente e che temeva molto per sé, perché aveva bruciato una donna santa. E subito avvennero dei prodigi. Infatti da molti dei presenti fu visto il nome di Gesù scritto dentro una fiamma del fuoco dal quale veniva bruciata, e un Inglese, ostilissimo alla Pulzella, il quale aveva detto di voler essere lui ad accendere il rogo, vedendo la sua morte, rimase stupefatto e immobile e in seguito dichiarò di aver visto una colomba che volava fra le fiamme. Inoltre il cuore della Pulzella rimase illeso e pieno di sangue, cosa che il carnefice stesso confermò. Ma gli Inglesi vollero che il cuore fosse gettato nel fiume Senna insieme alle ceneri di Giovanna, perché il popolo non potesse avere sue reliquie. Infine, da Dio, vendicatore dell’innocenza e della giustizia, furono inflitte pene ai malvagi; infatti, tutti i responsabili del martirio di Giovanna morirono di morte bruttissima; inoltre, come la Pulzella aveva predetto, gli Inglesi furono cacciati dalla città di Parigi, poi dalla Normandia, dall’Aquitania e da tutta la Francia […]”
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