Sull’utilità di recitare una preghiera di liberazione dopo ogni Santa Messa, come un tempo si faceva:

Sull’utilità di recitare una preghiera di liberazione dopo ogni Santa Messa, come un tempo si faceva:

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Se dopo ogni celebrazione eucaristica il sacerdote recitasse dall’altare una preghiera di liberazione, le cose forse andrebbero meglio per molte persone nel mondo e tante grazie si riceverebbero dal Signore. L’obiezione che alcuni pongono, dicendo che la Santa Messa da se stessa è fonte di liberazione, è una scappatoia teologica a buon mercato. Nessuno infatti dubita del potere “liberante” della Santa Messa, essendo essa una attualizzazione dell’economia redentrice di Gesù Cristo (alcuni tuttavia dimenticano che non si celebra soltanto la passione, morte e risurrezione, ma anche la sua nascita terrena, la sua predicazione pubblica, anche i suoi esorcismi, ecc.). Proprio per questa sua potenza liberatrice, intrinseca a se stessa, la Santa Messa è semmai da concepire in termini di “irradiazione” di una forza spirituale nei partecipanti capace di estenderne i frutti a livello di continuità e coerenza con il senso sacramentale dell’Eucaristia, cosa che la preghiera di liberazione attesta. Ossia, in parole più immediate, la Santa Messa ispira e fruttifica una immediatezza spirituale che orienta ed apre il cuore all’attività liberatrice della grazia, dalla quale la preghiera di liberazione nasce come frutto e alla quale essa si inserisce in termini inclusivi.
Come originata da una sorgente principale, data dall’Eucaristia in atto, la preghiera di liberazione costituisce un fiume di grazia che si estende nei fedeli e che sfocia nel loro cuore con tanta maggior potenza proprio a motivo della sua connessione liturgica con la celebrazione eucaristica. Stando vicina al fuoco, la mano si riscalda: così è di una preghiera di liberazione recitata subito dopo la Santa Messa, nel contesto di una assemblea di fedeli unita attorno all’altare (il fuoco) e presieduta dal ministro celebrante (la mano).
Ma liberazione da che cosa? – insistono alcuni. Noi diciamo che molteplici sono le opposizioni interiori ed esteriori che – opponendosi in tanti modi a Cristo e al suo Vangelo – necessitano di essere liberate dallo spirito umano, e il modo più sublime, insistiamo, per ottenere questa liberazione è l’adeguazione della preghiera di liberazione al corso liturgico della santa Eucaristia, quale suo terminale momento celebrativo. Ma con quale veemenza di spirito, in questo tempo storico, viene celebrata e – da parte dei fedeli – vissuta, l’Eucaristia quotidiana? La difficoltà della collocazione di una preghiera di liberazione dopo ogni celebrazione eucaristica sembra interpellare un aspetto più morale che non teologico, nel senso esplicito del “non ne ho voglia”. Se infatti il problema fosse solo teologico o liturgico, molte ragioni si potrebbero individuare per debellarlo ed applicare questa preghiera, come un tempo si faceva, dopo ogni Santa Messa. Ma essendo morale, ossia intaccando la volontà umana nella sua disposizione recettiva, il problema non è più risolubile secondo una definizione teologica di “preghiera di liberazione”, ma intacca la sfera personale del sacerdote e dei fedeli che partecipano alla funzione eucaristica. Noi pensiamo che molti mali, di tante e diverse tipologie, sarebbero scongiurati con una preghiera di liberazione ben fatta subito dopo la Santa Messa; la freschezza eucaristica, che è il principio liberante, lascerebbe infatti dei segni di liberazione imponenti estendendosi in quel meraviglioso frutto che è la preghiera di liberazione, la quale viene a generare una rinnovata speranza nell’anima dei fedeli proprio “alla luce” e non “in opposizione” all’Eucaristia celebrata.
In tal senso, una certa liturgia di diversi anni or sono, che compendiava la preghiera di liberazione al termine della Santa Messa, ci pare molto da rimpiangere, nonostante tutto il bene che un certo rinnovamento – questo va riconosciuto – ha apportato alla liturgia eucaristica. Amen

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Pubblicato da lacasadimiriam

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