Un commento al Salmo 4

Un commento al Salmo 4:

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“In pace mi corico e subito mi addormento:

tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare” (v. 9).

Qui si può intendere anche una preghiera per una morte serena, nella pace di Dio e con Dio. Una morte anzitutto del peccato. Anche una vita dilaniata dal peccato e dalla lontananza divina, infatti, per la potenza della misericordia di Dio, può tradursi in un epilogo di pace e di luce, nella consapevolezza, da un lato, della gravità della propria offesa a Dio, dall’altro, in forza di questa stessa consapevolezza che produce pentimento e conversione, dell’amore misericordioso di Dio stesso.

“Sul vostro giaciglio riflettete e placatevi” – dice il Salmista (v. 5). Il giaciglio può intendersi in modi distinti, tutti possibili, e tuttavia è un’immagine che impone una pausa, l’interruzione di una continuità, come ad esempio quella del peccato: “Perché amate cose vane e cercate la menzogna?” (v. 3)

Il Signore perdona, infatti, ma dinanzi ad un pentimento reale, non furtivo o finalizzato. “Placatevi”, nel vostro incede re peccaminoso, “Tremate e non peccate” (v. 5). Quanto più la coscienza si rende consapevole dell’orrore del peccato, tanto più è mirabile e auspicabile ciò che Dio prospetta con il superamento di esso nel suo perdono: “Hai messo più gioia nel mio cuore

di quando abbondano vino e frumento” (v. 8).

Il pentimento, infatti, viene equiparato – con la dovuta distanza – ad una specie di visione di Dio nell’anima, che fa dormi re in pace, tanto più quando si è dinanzi al sonno eterno.

Ma pentimento è anche desiderio di ripa razione: non solo la coscienza del male commesso, ma l’ardente voglia di rimediare ad esso. In che modo? “Offrite sacrifici di giustizia e confidate nel Signore” (v. 6). Questo implica che tanto il pentimento quanto l’offerta di riparazione non hanno solo il soggetto penitente quale autore, ma molto di più Dio stesso come ispiratore e movente.

Si accolga dunque la luce divina, che non considera la gravità del peccato quando intenso è il pentimento di averlo commesso, affinché davvero si possa dire: “Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto” (v. 7). La luce divina, infatti, è luce di verità e di pace senza fine, e nessun’altra. Amen

 

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