La natura dell’ascetica e della mistica
Un grande lavoro nell’interpretazione dell’ascesi e della mistica, come pure della loro sistematizzazione teologica, è sicuramente quello svolto da san Tommaso d’Aquino. Il Dottore Angelico, infatti, ha ordinato in maniera magistrale le conoscenze su questo tema, tanto che ancora oggi il discorso teologico sull’ascetica e sulla mistica viene compreso in qualche modo a partire dal suo pensiero. Egli divide, appunto, la Teologia in tre parti: la Dogmatica, la Morale e l’Ascetica[1]. Ad ognuna corrisponde una funzione specifica e peculiare nel sapere teologico. La Dogmatica ha il compito di insegnare ciò che bisogna credere su Dio, sulla vita divina, ecc.; la Morale rappresenta il come del vivere bene cristiano, l’insegnamento delle virtù e il rifiuto del peccato. L’ascetica, invece, è descritta come la via perfectionis, la prospettiva da seguire per raggiungere la perfezione della vita spirituale cristiana: la scienza della perfezione cristiana.
Un’apparente contraddizione potrebbe ora porsi di fronte a noi nel prosieguo di questo studio. Abbiamo detto, infatti, che la mistica avrebbe una maggiore profondità di natura rispetto all’ascetica (v. articolo “Ascesi e mistica”), la quale abbiamo ciò nonostante definito come scienza della perfezione cristiana. In realtà, la diversità specifica di natura della mistica non contraddice l’alta ambizione dell’ascetica, bensì, piuttosto, la rafforza. Infatti, l’ascetica è proprio l’espressione di un vivere praticando la virtù cristiana dal suo stato più incipiente sino alla soglia della vita contemplativa (contemplazione infusa). La mistica, invece (e in questo sta la sua maggiore “profondità”), oltrepassa questa soglia di stato spirituale, anzi, comincia proprio da qui e, con questa base, progredisce sino al vero matrimonio spirituale con Dio. Come si vede, si tratta di un unico cammino spirituale, di certo faticoso e pieno di pericoli, ma tuttavia singolare e non costituito da altre alternative. L’ascesi non si oppone alla vita mistica, ma semmai ne costituisce la premessa spirituale, la conditio sine qua non. Allo stesso modo, la mistica non implica una via a sé, ma la stessa unica via della perfezione cristiana.
La precisazione etimologica svolta nell’articolo precedente, ad ogni modo, può ancora lasciare adito ad alcune incomprensioni specifiche, in particolare sulla sua natura: che cos’è veramente? Come si manifesta? La risposta non è e non può essere unilaterale, considerato l’arcipelago di definizioni che potrebbero darsi della realtà mistica; tuttavia, non per questo risulta impossibile fornire una traccia di comprensione quantomeno efficace.
La mistica, sostanzialmente, esprime la comunione profonda con Dio, che viene esperimentato in una maniera del tutto particolare. Tale esperienza spirituale comporta necessariamente due fattori fondamentali: l’agire divino (grazia) e quello umano che, nonostante sembri un controsenso, è sostanzialmente un agire passivo[2]. Infatti, la dimensione mistica mediante la quale si presenta un rapporto di particolare intimità con Dio richiede un passaggio di coscienza passiva, una sensazione psicologica di passività in cui lo sviluppo graduale e necessario da una condizione di spiritualità alle origini ad uno di spiritualità sviluppata comporta il lasciarsi condurre per mano da Dio, il farsi guidare unicamente da lui. Questo è il grande mistero che riguarda colui che vive una esperienza mistica, sia essa ordinaria o straordinaria: l’uomo di fede coglie su di sé l’azione della grazia, l’intervento divino che lo conduce all’esperienza soprannaturale di sé. In questa fase di profondo dinamismo psicologico, il “mistico” avverte che non è più il proprio sforzo ad elevarlo alla contemplazione di Dio e alla comunione intima con lui, come avveniva semmai in una fase precedente ed ancora incipiente. Ora è Dio che irrompe in lui, lo chiama e lo conduce a sé, e l’attività più forte umana, in questo frangente, è proprio la passività, il lasciarsi guidare. Ad ogni modo, non vi è alcuna imposizione di Dio in questo suo tendere verso l’uomo, né quest’ultimo può essere definito come totalmente inattivo e in balia di Dio. Semmai, questa sua condizione di passività è una scelta, un’adesione libera ed incondizionata.
Ciò che caratterizza la cosiddetta mistica ordinaria è appunto una ordinarietà nello sviluppo della vita spirituale. La straordinarietà, invece, si ha di fronte ad espressioni del tutto particolari (appunto straordinarie) dell’agire della grazia, finalizzate ad una particolare abbondanza di doni e realizzata mediante segni speciali[3]. Questa straordinarietà di alcuni fenomeni mistici va fondamentalmente ricondotta alle grazie date gratuitamente, gratis datae. Esse rappresentano una categoria del tutto speciale di fenomeni mistici, come ad esempio le estasi o le rivelazioni, in cui si oltrepassa la soglia dell’ordinario nella vita di grazia e, in virtù di una contemplazione infusa, cioè operata da Dio con il consenso dell’uomo, si raggiunge una esperienza intima e, appunto, straordinaria, della vita divina.
Tuttavia, è fortemente riduttivo chiamare “ascetica” la via ordinaria è “mistica” quella straordinaria, come pure catalogare qualsiasi fenomeno apparentemente (o anche di fatto) paranormale come “misticismo”. In questo senso, è opportuno un profondo lavoro di discernimento che metta in luce, volta per volta, la straordinarietà di una data esperienza religiosa oppure la sua semplice a-normalità, che potrebbe essere prodotta anche da fattori estranei alla grazia divina. In questa prospettiva, un dato di partenza può essere chiarificatore. Nessuno dei grandi mistici cristiani, infatti, ha mai compiuto delle gesta, profetizzato situazioni o enunciato teorie contrarie alla Sacra Scrittura o all’insegnamento del Magistero della Chiesa cattolica, né tantomeno si è mai opposto o schierato contro la validità specifica della vita sacramentale. Non a caso, infatti, anche per la teologia mistica le fonti principali sono rappresentate dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione e dal Magistero.
Volendo ora esaminare alcuni di questi modi straordinari di manifestarsi della grazia, va comunque anteposta una premessa, cioè che difficilmente un tale intervento divino viene effettuato per la santificazione di colui che lo riceve. Piuttosto, questo genere di grazie vengono donate dalla bontà divina per l’utilità spirituale del prossimo[4]. Questa non è, ad ogni modo, una verità di fede, bensì una semplice considerazione teologica che non assolutizza quanto detto.
In alcuni casi, la mistica straordinaria si caratterizza per la presenza di fenomeni altrettanto straordinari che hanno una evidenziazione psico-somatica nel soggetto che li sperimenta. Alcuni di questi fenomeni sono relativi all’ordine conoscitivo del soggetto, come ad esempio le visioni, le locuzioni (enunciazione di affermazioni o desideri particolari) e le rivelazioni. Quelli più noti, probabilmente, alla cultura popolare, sono invece i fenomeni di orine corporale, come le stigmate, la capacità soprannaturale di digiunare per lunghi periodi di tempo senza perdere peso (inedia) e la bilocazione. Di fronte ad ognuna delle situazioni in cui tali fenomeni si manifestano, è necessaria una grande e meticolosa attività di analisi dei medesimi, per quanto spesso i risultati più attendibili (che di fatto dovrebbero ammettere la santità esplicita del soggetto che li presenta) non si raggiungono che dopo molti anni. Un esempio specifico può essere quello di San Pio da Pietrelcina, le cui stigmate sono state a lungo calunniate come un falso e la verità, per il suddetto frate, è giunta solo dopo molte tribolazioni. Del resto, come insegna san Giovanni della Croce, è assai dura l’esperienza terrena di questo genere di santi, i cosiddetti grandi mistici della tradizione cristiana.
– Fonte: Francesco Gastone Silletta – La Casa di Miriam Torino –