“Locuzioni interiori notturne” – Opera in 4 volumi con introduzione ampliata – di Francesco G. Silletta – Subito disponibile nelle librerie S. Paolo, Coletti, Centro Libri, ecc. – Un estratto dal 1° vol.:
“[…] Hai fatto bene a mettere l’immagine che mi ritrae
accanto al foglio sul quale stai scrivendo,
sono io che te l’ho chiesto.
Perché guardando la mia immagine avrai modo di ritrovarti
e di scoprire di te ciò che non avresti ritenuto possibile.
Dimmi allora,
ora che il giorno è trascorso e la notte ha preso il sopravvento:
tra le persone che conosci, tra i tuoi affetti più cari,
ti viene forse in mente qualcuno che nel momento stesso in cui lo offendi,
magari senza neanche rendertene conto,
si preoccupi visceralmente del tuo bene
e frema perché nulla manchi di quanto ti occorre?
Quante volte ti ho nutrito,
ti ho permesso di purificare con acqua il tuo corpo affaticato
proprio appena tu mi avevi deluso?
Io l’ho fatto, il tuo Gesù.
Mi accontenterei di questo: che tu mi accogliessi come Gesù, il tuo Maestro,
l’amico che ti chiede se hai qualcosa da mangiare
pur sapendo che non hai niente da darmi,
perché io stesso voglio provvedere al tuo sostentamento.
Perché tanta paura nel tuo cuore?
Non sono forse io che ne regolo il battito
e provvedo a purificarne le tempeste?
Dimentichi spesso che io so tutto di te.
Non esistono misteri per la mia sapienza.
Tu però non ti fidi abbastanza
e ti agiti come Pietro, terrorizzato all’idea di affogare.
Creaturina mia,
forse pensi che io mi scandalizzi dei tuoi peccati?
Forse credi che non li veda uno per uno dalla mia eternità?
Ti chiedo di confessarmeli non per farmeli sapere,
ma perché tu prenda coscienza di come,
raccontandomeli con contrizione,
essi si allontanino da te,
perché io stesso me li addosso e li distruggo per sempre.
Non stare allora a rimuginare troppo sul tuo vissuto.
Io conosco ogni cosa e ne comprendo il senso.
Solo io perlustro ogni angolo del tuo passato
e livello i suoi dossi, ne armonizzo gli andirivieni e ne traino i pesi.
Non far rivivere ostinatamente ciò che è morto della tua storia […]”