“Il mondo ha bisogno di sofferenza per essere salvato ancora” (M. Valtorta, I Quaderni del 1944, n° 7)
Queste parole di Gesù alla Valtorta sono molto eloquenti in due prospettive di interpretazione. L’una è quella oggettiva: la sofferenza purifica, la sofferenza redime, e quando Gesù incontra delle anime che, come la nostra Valtorta, si offrono vittime per i peccatori, Gesù accoglie questa offerta evidenziandone l’esigenza stringente a livello umano, sebbene non ci siano parole per descrivere quello che sarà poi il premio nei Cieli. E tuttavia qui e ora la sofferenza di alcuni salva moltitudini di “altri”, spesso lontani o confusi rispetto alla verità di Dio. L’altra interpretazione è quella allegorica, che non può piacere a molti – anche ecclesiastici – ossia l’esigenza del soffrire come pegno di salvezza. Si cerca sempre la felicità anche a livello umano, la salute, il gaudio terreno, e la parola “sofferenza” viene a priori respinta quasi in modo “esorcistico”. Sebbene sia parte integrante della storia umana, la maggior parte degli uomini ne scongiura l’avvento e a chi, come la Valtorta, lo ritiene “santificante”, viene auspicato di tacere e di scomparire. Ci si dimentica, tuttavia, che Gesù ha sofferto, e in un modo estremo. E questa sofferenza non è venuta per caso, ma per un disegno di salvezza del Padre, stabilito prima ancora che l’uomo fosse creato, e a cui il Figlio ha obbedito senza alcuna riserva, accettando totalmente la sua volontà. Sofferenza e salvezza hanno quindi un rapporto oggettivo di proporzionalità, che tuttavia solo pochissime anime – anche cristiane – intendono e accettano. Noi lo accettiamo seguendo Maria Valtorta. Non perché ci piaccia il soffrire, ma perché ne intuiamo il valore sacrificale agli occhi di Dio e vogliamo offrirglielo, come possiamo, sebbene noi stessi siamo i primi a necessitare di una continua purificazione. Amen
Ciprel Torino – Centro Internazionale di Preghiera Laicale ispirato a Maria Valtorta – Edizioni Cattoliche La Casa di Miriam