Maria di Magdala – di Francesco G. Silletta

Maria di Magdala – di Francesco G. Silletta
 

Dal  libro:  “Amato perché amante – Il Discepolo Amato come personaggio in migrazione” – Coll. Teologia – ISBN 9788894057119  – € 37,00 –

 ©  Edizioni La Casa di Miriam – pp. 368

Maria di Magdala

“[…] Di per se stessa, la copiosa quantità di aromi utilizzati per la sepoltura di Gesù non infonde nel lettore l’idea di una prossima resurrezione. Ciò attesta come nei due neofiti Giuseppe di Arimatea e Nicodemo non fosse impressa la coscienza di un glorioso ritorno del Maestro e come in questo frangente doloroso “tutti i discepoli sono sotto il segno dell’assenza di Gesù” (M. Mazzeo – N.B. Le fonti non sono inserite in questo post).
Ora, il cuore nevralgico del cambiamento di situazione che condurrà il lettore alla notizia delle apparizioni del Risorto ai discepoli (20,19-29) e che tanto peso specifico eserciterà nel cammino migratorio del personaggio principale della nostra ricerca, il Discepolo Amato (di seguito, DA), viene a manifestarsi nel Quarto Vangelo (di seguito, QV) attraverso l’ampia mediazione di un altro personaggio, Maria di Màgdala, narrativamente menzionata soltanto nel contesto della crocifissione di Gesù (19,25) e, appunto, in quello del sepolcro vuoto (20,1-10) e della prima apparizione del Risorto (20,11-18). Proprio a questo singolare personaggio femminile, di cui il narratore non riferisce alcuna informazione descrittiva particolare previa, viene destinato un ruolo fondamentale in seno all’economia del QV, trattandosi della prima testimone oculare del Risorto:
“Maria di Màgdala è una delle figure più avvincenti. Presente nei quattro Vangeli, risalta particolarmente in quello di Giovanni per il suo ruolo e per la posizione strategica dei suoi interventi. Attira l’attenzione tanto per l’originalità della sua avventura umana e spirituale di fronte a Gesù, quanto per gli ostacoli che sembra avere incontrato nella Chiesa primitiva, anche per la ricchezza successiva con cui ella ha trovato posto nella storia della Chiesa, nella società, nella letteratura, nella pietà popolare, nell’arte e nei personaggi. Ci si può chiedere se i testi che la mettono in scena nel QV siano portatori di tutte le letture e le interpretazioni che si sono moltiplicate attorno a lei nella storia della letteratura” (A. Marchadour).
Di questo personaggio il narratore omette un’intera biografia, radicalmente trasformata dal suo primo incontro con Gesù. In un certo modo, menzionandola per la prima volta sotto la croce assieme alle altre donne (19,25), ella viene immediatamente inquadrata entro un elevato ordine di discepolato, attraverso una narrazione al contempo sintetica ed edificante, orfana di preludi e bassezze personali inerenti la sua economia esistenziale precedente:
“La sua sola presenza in quel luogo e in quel momento esprime una fedeltà esemplare al Signore, che l’assenza sorprendente dei Dodici, discepoli della prima ora, sottolinea come per contrasto. Associata ai piedi della croce alla madre di Gesù e al DA, ella fa veramente parte degli ‘amici di Gesù’ (15,15)” (A. Marchadour).
In un modo particolare, come evidenzieremo lungo questa ampia parentesi circa l’economia del sepolcro vuoto, Maria di Màgdala si relaziona al DA quale suo alter-ego femminile. Il narratore la presenta sempre con il suo nome proprio, Maria, associato alla sua città originaria, Màgdala, una località posta a circa dodici chilometri a sud-ovest di Cafàrnao e la cui etimologia significa “torre”. Ella viene narrativamente lusingata da un isolamento narrativo posto nel cuore della rivelazione cristiana, l’annuncio del Risorto, ricevendo un trattamento di assoluto riguardo in quanto alla sua funzionalità narrativa:
“Con il DA, condivide il privilegio di poter testimoniare la realtà della morte di Gesù e la sua uscita dalla tomba” (A. Marchadour).
Ora, usando una tecnica narrativa a sé conforme, cioè la messa a fuoco di un unico personaggio, il QV presenta in questi termini l’evento del sepolcro vuoto:
“Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro” (20,1).
La conoscenza della donna di Màgdala sembra in un certo senso data per implicita nel lettore, al di là della sua fugace menzione riportata sotto la croce (19,25). Il brano citato è del resto carico di informazioni estendibili ad un livello simbolico. In primo luogo, la specificazione temporale del “giorno dopo il sabato”. Letteralmente, il narratore parla di “giorno uno dei sabati” (μιᾷ τῶν σαββάτων), tenendo presente come nella lingua greca, diversamente dall’ebraico, “σάββατον” (ebr. “Shabbath”) significa tanto “settimana” quanto “sabato” (R. Brown):
“L’uso del numero cardinale per l’ordinale non è sorprendente, mentre il plurale del sabato potrebbe essere intenzionale, sullo sfondo biblico. In italiano non è possibile riportare il calco, ma occorre tenere presente la scelta originale” (G. Ghiberti). Questa precisazione temporale lascia definitivamente alle spalle il fatto della sepoltura, occorso nella preparazione della Pasqua (παρασκευή, 19,14). Ciò delimita non soltanto il riferimento temporale, bensì anche quello dei personaggi protagonisti della trama: fra gli autori della sepoltura di Gesù, Giuseppe di Arimatea e Nicodemo, e la prima testimone del sepolcro vuoto e del Risorto, Maria di Màgdala, non viene infatti posta alcuna relazione diretta:
“L’azione precedente si era conclusa al sepolcro, collocato in un giardino adiacente al Gòlgota, luogo della crocifissione, e ora riprende lontano, dove si trovano prima la Maddalena e poi i due discepoli, per essere però ricondotta allo stesso sepolcro” (G. Ghiberti).
Ciò che emerge primariamente è il computo dei giorni al di fuori della prospettiva kerygmatica del “terzo giorno” o del “dopo tre giorni”:
“Nel contesto pasquale, l’espressione ‘il primo giorno’ suggerisce che è iniziato per il mondo un giorno nuovo (cfr. 2Cor 5,17)” (X. Léon-Dufour).
Il secondo riferimento temporale riguarda invece la fascia oraria in cui, in questo stesso giorno menzionato, avviene la scoperta del sepolcro vuoto: “Di buon mattino” (πρωῒ). Si tratta di un riferimento al modo romano di computare le ore (a partire dalla mezzanotte), piuttosto che non a quello ebraico (dopo il tramonto). Il lettore può ricevere in questa precisazione temporale un rimando all’ora mattiniera della conduzione di Gesù presso la casa di Caifa (Gv 18,28). La precisazione narrativa ulteriore che “era ancora buio” (σκοτία), inietta all’episodio un ulteriore ingrediente di mistero, attraverso l’evocazione affascinante del maestoso silenzio dell’aurora.
Il narratore descrive Maria di Màgdala nell’atto di recarsi presso il sepolcro, pur tuttavia senza specificarne una ragione fondamentale:
“Giovanni non precisa il perché. Marco e Luca indicano che le donne avevano acquistato oli aromatici e che venivano a ungere il corpo di Gesù. Matteo dice soltanto che si recavano a guardare il sepolcro, probabilmente una modifica dettata dalla logica della narrazione di Matteo; perché Matteo (lui solo) riferisce che il sepolcro era presidiato e perciò alle donne non sarebbe stato permesso di entrare nel sepolcro a ungere il corpo” (R. Brown) […]”.

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