Sugli effetti del peccato trascurati dalla coscienza
Non è il peccato in se stesso quello che interessa a Satana, ma le rovine che esso produce in noi, fuori di noi e attraverso di noi. Ossia gli effetti del peccato. Di questi va in cerca Satana venendo da noi in veste di tentatore. Liberarsi di una colpa, infatti, è più semplice davanti a Dio che rimediare nella penitenza e nel sacrificio – proporzionali al peccato commesso – quello che il peccato ha prodotto. Talvolta si è appena “sufficienti”, se non del tutto svogliati, nel voler riparare un danno causato a se stessi o agli altri, e si rischia di dilatare, anziché cicatrizzare, la ferita causata dal peccato. Per questo dopo ogni confessione sacramentale ci viene data una piccola penitenza, talvolta davvero insignificante dal punto di vista della fatica, ma alle volte tralasciamo anche quella, e torniamo con facilità, in tal modo, al medesimo peccato. Se il peccato non viene intellettualmente detestato, come inimicizia con Dio, non ci si libererà mai dal suo giogo, anche confessandosi con continuità. Il cuore, infatti, deve essere purificato, e perché ciò avvenga è necessario amare intensamente Dio ed essere disposti a qualche piccolo o grande sacrificio affinché, vedendo la nostra buona volontà, Egli ci preservi dal ricadere nel medesimo peccato e ci purifichi da tutti i suoi effetti, che talvolta assumono un volto che non siamo nemmeno capaci di associare – come alcune malattie che ci sorprendono nella vita – ai peccati che abbiamo commesso con reiterata e deliberata coscienza. La penitenza non è in alcun modo fanatismo (se è umile e autentica), ma un atto d’amore con il quale cerchiamo di conquistare la compiacenza di Dio, affinché ci aiuti e ci liberi dalle catene di male che sono in noi e fuori di noi. Amen
Edizioni Cattoliche La Casa di Miriam
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