Sui discepoli che “rimasero costernati” (greco, “sphodra exeplēssonto”) dinanzi a ciò che Gesù dice relativamente alla ricchezza:

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Sui discepoli che “rimasero costernati” (greco, “sphodra exeplēssonto”) dinanzi a ciò che Gesù dice relativamente alla ricchezza:

Per due volte in poche righe, Matteo riporta la costernazione dei discepoli di Gesù dinanzi a quanto egli dice. Nel primo caso (Mt 19,10) questo stupore riguarda quanto Gesù insegna sull’indissolubilità del matrimonio, producendo lo sgomento di alcuni discepoli che dicono: “Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi”. Ma è soprattutto il secondo caso a generare uno sgomento assoluto nei discepoli, almeno a livello di reazione verbale; esso riguarda la reprimenda di Gesù delle umane ricchezze e la sua famosa espressione dell’ “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei Cieli” (Mt 19,24). Lo sgomento dei discepoli si manifesta nella loro replica a Gesù: “Chi si potrà dunque salvare?”. Ora, questa costernazione discepolare non deriva dal fatto che essi si sentano chiamati in causa in prima persona, ma piuttosto dalla rivelazione in se stessa, che cioè difficilmente i ricchi possono ereditare il regno. “Ricchi”, è da intendere di che tipo: non necessariamente economico, ma anche intellettuale, sapienziale e di molti altri tipi. E tuttavia vi è un pericolo di “ostracismo” in ogni ricchezza, che rischia di precludere l’eredità del regno dei Cieli. In tal senso, se “astratta” dalla sola ricchezza economica, allora l’esperienza di molti di quei discepoli può essere coinvolta in quella categoria di “ricchi” che Gesù mette in guardia, generando così il loro sgomento.

Il testo dice che essi “rimasero costernati” dinanzi a ciò che Gesù dice relativamente alla ricchezza. Il greco – cui spesso è utile riferirsi per capire meglio alcuni testi evangelici – dice testualmente che i discepoli “σφόδρα ἐξεπλήσσοντο” (sphodra exeplēssonto), ossia letteralmente “ebbero uno shock, furono colpiti dallo stupore”. Evidentemente quei discepoli non avevano mai sentito una predicazione così esplicita e la loro coscienza si è vista in tal senso messa alla prova. Un’eccezione, tuttavia, a questa norma di Gesù sulla ricchezza, viene da un “discepolo” di Gesù molto possidente e soprattutto molto noto (anche ai nemici di Gesù) a motivo delle sue ricchezze e proprietà, ossia Lazzaro di Betania. Tutti sapevano quanti beni egli possedesse, ma nessuno certo pensava a lui come ad un possibile “estromesso dal regno dei Cieli”. Questo a motivo dell’eccezionale e santo uso della ricchezza di Lazzaro, dal quale spesso Gesù riceveva ospitalità e conforto (evidentemente, anche economico). Egli era infatti una “ricchezza pubblica”, ponendo cioè al servizio di molti la sua grande proprietà. Da ciò si capisce come Gesù non assolutizzi la sua stessa condanna della ricchezza, ma dica unicamente che “difficilmente” (greco, dyskolōs), la ricchezza umana può condurre un’anima in Cielo. Questo a motivo dell’uso che nella maggior parte dei casi viene fatto di essa dagli uomini. E tuttavia ciò che umanamente è impossibile, non lo è per Dio, sicché un’altra volta, nei Vangeli, viene evidenziato che “ciò che è impossibile agli uomini, non lo è per Dio”. Amen

 

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