Scritti di Gemma Galgani
(Tratto dal libro: “Estasi – Diario – Autobiografia – Scritti Vari di S. Gemma Galgani”, a cura della Postulazione dei PP. Passionisti, Roma 1943, pp. 293-300).
7 settembre 1900:
“Vedo Gesù, non cogli occhi del corpo, ma lo conosco distintamente, perché mi fa cadere in un dolce abbandono, e in quest’abbandono riconosco Lui; la sua voce mi si fa sentire sì forte, che più volte ho detto che mi ferisce più la voce di Gesù che una spada a molti tagli, tanto mi penetra fino all’anima; le sue parole sono parole di vita eterna. Quando vedo Gesù e lo sento, non mi sembra di vedere né bellezza di corpo, né figura, né un suono dolce, né un canto soave; ma quando vedo e sento Gesù, vedo (ma non mai cogli occhi) una luce, un bene immenso; una luce infinita, che da nessuni occhi mortali può essere veduta; una voce che nessun può udirla: non è voce articolata, ma è più forte e si fa più sentire al mio spirito, che se udissi parole pronunziate.
Che cosa senta nell’essere con Gesù
Mi sento come fuor di me, non distinguo dove mi trovi, se sia fuori dei sensi oppure … in una pace, in una tranquillità che mai ho provato. Mi sento come attrarre da una forza; ma non è una forza fatta con fatica, è una forza dolce. Quando poi mi trovo nella pienezza della dolcezza che sento di possedere Gesù, dimentico affatto se sia nel mondo: sento che la mente è piena, non ha che desiderare; il cuore non cerca più nulla, perché ha con sé un bene immenso, un bene infinito, che a nessuno può assomigliarsi, un bene senza misura, senza difetto; ed è Gesù che mi riempie. Né prima né dopo mi viene poi fatto volontariamente di cercare e desiderare alcuna cosa, perché è troppa la dolcezza che Gesù nella sua infinita bontà e carità mi fa gustare. Non sempre però è amor di dolcezza; alle volte sono così compressa da un forte dolore dei miei peccati, che mi sembra ne abbia a morire.
In qual modo faccia la Meditazione
Nel pormi a fare la Meditazione non ci metto nessuna fatica: l’anima mia subito si sente sprofondare tutta negli immensi benefizi di Dio, e quando si perde in un punto e quando in un altro. Prima però comincio a far riflettere all’anima mia che essendo fatta ad immagine e somiglianza del suo Dio, Lui solo deve essere il suo Fine. In quei momenti mi pare che l’anima mia se ne voli con Dio, e perda la gravezza di questo corpo, e trovandomi dinanzi a Gesù, tutta mi perdo in Lui; mi sento di amare quel celeste amatore delle creature; quanto più penso a Lui, tanto più lo conosco dolce e amabile; come Gesù si mostra con me, così io devo mostrarmi con Lui, umile, mansueta, ecc. Alle volte mi sembra di vedere in Gesù una luce divina e un Sole di chiarezza eterna. Un Dio grande, che non vi è nella terra e in Cielo cosa che non sia a Lui soggetta. Un Dio nel cui volere sta tutto il potere. In ogni modo sempre mi è dolce cosa ricordarmi di Gesù.
Dove maggiormente mi perdo, è nella sostanza (ossia nel contemplare la natura divina) di Gesù. Credo che sia una sostanza, che non vi sia né maggiore né migliore. Tra i beni lo conosco il sommo bene: un bene che da Se stesso esista. Ed essendo Gesù perfetto, in Lui si trova ogni cosa. Mi perdo ancora nella sua bontà, e qui quasi sempre la mente mi vola al paradiso. Gesù è buono infinitamente, e in Lui godrò, io spero, tutti i beni spirituali e temporali, che posso da me immaginare; e termino pregando Gesù che accresca in me l’amor suo, affinché in Cielo si perfezioni. L’anima mia ad altro non pensa, che a sciogliersi dalla carne.
Qual concetto abbia della SS. Trinità
Un giorno dopo la SS. Comunione mi parve di avere un piccolo lume sopra la SS. Trinità, cioé: che vedere e conoscere la SS. Trinità, consiste appunto nel vedere Gesù col volto scoperto, cioé il Verbo. Un concetto poi che mi sono fatta da me stessa è questo: mi pare di vedere tre persone dentro una luce immensa: tre persone unite in una sola Essenza, poiché la Trinità è Unità, e l’Unità è Trinità.
L’Unità per se stessa è indivisibile; però non può avere persone divisibili. Quello dunque che noi adoriamo è un Dio Onnipotente, Uno nella sostanza, Trino nelle persone.
Dio ha voluto dimostrarsi indivisibile nelle persone, perché non vuole che ce ne sia alcuna, che si chiami con nome diverso (ossia con nome che non dica relazione alle altre). Così il nome del Padre si riferisce a quello del Figlio, quello del Figlio a quello del Padre, e quello dello Spirito Santo si riferisce al Padre e al Figlio. Non vi è nessun nome indicante la divina essenza che non possa convenire tanto al Padre, quanto al Figlio, quanto allo Spirito Santo. Io chiamo Padre il Padre; ma per natura mi è Padre anche il Figlio. E però la SS. Trinità non può dividersi, perché il nome di una persona riguarda sempre il nome di un’altra.
Alla SS. Trinità non è aggiunta altra persona, perché la sostanza (ossia natura umana) del Verbo (incarnato) è unita, non confusa (con la natura divina). E benché il Verbo di Dio abbia presa carne, pure le altre persone non presero altra sostanza.
Una sola è la sua Essenza, una sola la sua bontà, una sola la sua beatitudine. Nella SS. Trinità, nell’Unità adorabile della Divinità non vi è altro che la molteplicità che viene dalle creature.
Colloqui avuti in estasi con Gesù
Giovedì mattina dopo SS. Comunione fui tutta compresa da profonda miseria e dissi a Gesù: “Mio Dio, come ho potuto io meritare tanto? E di tanti e sì grandi benefizi come potrò io mai ringraziarti?”. E qui mi slanciai più che potei con Gesù, con un gran desiderio di amarlo, di lodarlo. Ma la mia miseria allora si faceva sentire e … Come potrò, mio Dio, lodarti? E pensai: “Ma, Gesù, tu quando mi creasti facesti senza di me; così pure anche senza di me tu hai quella lode che tu meriti”. E Gesù: “Figlia, io sono da me stesso la stessa lode”. “O Gesù – esclamai – ti lodino dunque tutte le opere che hai fatte, secondo l’altezza della tua maestà”. Facendo poi alcun poco di riflessione, capii (che) è impossibile capire la lode che ha Iddio per se stesso, ché nessuno lo può capire. La mia mente ha principio, ha fine; ma la lode che Iddio ha, non avrà mai fine. E quando noi lo lodiamo, non siamo noi, ma è Lui che si loda in se stesso. Fa’ che ti possa avere, Gesù: allora ti loderò. Ma gli dissi che si sporcasse pure le mani in me; Lui sì, ma il diavolo no. Stamani ho pregato quasi sempre Gesù per Lei (cioé Padre Germano, destinatario dello scritto); tra me e Gesù poi è andata così. “Mio Gesù (gli ho detto), se tu volevi una corrispondenza da me che eguagliasse i favori che mi hai fatti, questi favori, Gesù, dovevi farmeli adagio, non in copia così abbondante. Che vuoi e che puoi aspettarti da questo letamaio, capace solo di offenderti?” – “Non ti chiedo che amore. E’ una gran bella cosa l’amore. Mi ami, figlia mia? – “Mio Dio, se ti amo!” – “Se mi ami, non avere alcun timore; lascia solo temere chi non mi ama. A che pensi, che desideri tu sempre?” – Te, mio Dio” – “E perché?”.
Non rispondevo che piangendo. “Così succede in te; perché io appena ti ho toccata coll’amor divino” – “O Gesù, lo provo quanto è soave quella dolcezza che infondi tu, quanto meravigliosa la soavità dell’amor tuo divino”.
Apparizione del demonio, che prende pure le sembianze del Confessore
Avevo avuto da Monsignore la proibizione assoluta di uscire di casa sola; quel giorno mancava appunto la zia da Lucca e nessuno poteva farmi la spia, e uscii per andare alle quarantore. Ci feci appena una visita e nell’uscire vidi un uomo che cominciò ad inseguirmi; cominciai a camminare senza sapere dove andassi: dopo non so quanto tempo mi trovai in Chiesa di S. Michele. Quell’uomo pure era entrato in Chiesa e poi sparì. Andai per confessarmi, entrai e Monsignore ci era. La prima cosa mi accusai di essere quasi come scappata di casa, ed Esso non mi gridò come sempre, anzi disse che avevo fatto bene. Continuai a confessarmi, e tutto approvava quello che dicevo. Uscii, e di nuovo il solito uomo dietro che continuò a inseguirmi fino in Chiesa della SS. Trinità. Corsi dalle monache per liberarmi da Esso e le pregai ad accompagnarmi a casa, perché avevo paura; ma subito non mi ci vollero condurre e mi fecero trattenere. Io mi sentivo molto sossopra, inquieta, agitata; le monache tanto fecero, tanto dissero, che riuscirono a farmi andare fuori di testa. Mi comparve un Crocifisso, e io senza neppure pensare, come ero solita, a farmi il segno della Croce e a disprezzare quello che vedevo, cominciai a parlarci, e non so quanto vi stetti. Fu tutta una giornata del diavolo; Monsignore poi era il diavolo e venne fino colla mitria in testa.
Giovedì 7 febbraio 1901:
La flagellazione – Le due corone
Era tanto tempo che pregavo Gesù affinché mi togliesse ogni segno esterno, ma Gesù invece ecco che me ne aggiunse un altro: mi fece provare qualche piccolo colpo della sua flagellazione; ai dolori delle mani, piedi, testa e cuore vi aggiunse pure qualche altro di detti colpi. Sia sempre ringraziato.
Infatti circa le ore 5 fui presa da un dolore tanto grande dei miei peccati, che mi sembrava di essere fuori di me; ma a questo spavento mi successe ben presto la speranza nella misericordia di Dio, che ben presto mi calmai. Non provavo ancora nessun dolore; dopo circa un’ora mi sembrò di vedere l’Angelo mio Custode, che teneva in mano due corone: una di spine, fatta a guisa di cappello, e l’altra di gigli bianchissimi. Al primo vedere quest’Angelo mi cagionò, come sempre, un po’di paura, ma poi mi cagionò allegrezza; insieme adorammo la maestà di Dio, gridammo: “Viva Gesù!” forte forte, e poi, mostrandomi le due corone, mi chiese quale volessi. Non volevo rispondere, perché Padre Germano me lo aveva proibito; ma insisté, dicendomi che era Lui che lo mandava, e per darmene un segno che veramente era Lui che lo mandava, mi benedì nella maniera che era solito benedirmi Lui (Padre Germano), e fece l’offerta di me all’Eterno Padre, dicendomi che dimenticassi in quella notte me stessa e pensassi ai peccatori.
Fui persuasa di queste parole, e risposi all’Angelo che avrei scelta quella di Gesù; mi mostrò quella di spine, e me la porse; la baciai più volte, e l’Angelo sparì, dopo averla posta sulla mia testa. Cominciai allora a soffrire, nelle mani, piedi, e il capo; più tardi poi per tutto il corpo, e sentivo dei forti colpi. Passai la notte in quel modo; a forza la mattina mi alzai, tanto per non far conoscere le cose tanto grosse; i colpi e i dolori li sentii fino circa le due; verso quest’ora tornò l’Angelo (e per dire il vero, quasi non potevo più reggere), e mi fece star bene, dicendomi che Gesù aveva avuta compassione di me, perché sono piccina, ed ero incapace di arrivare a soffrire fino all’ora che Gesù spirò. Dopo stetti bene; mi sentivano però tutti gli ossi, e appena potevo reggermi in piedi. Ma una cosa mi affliggeva: vedevo che i segni non erano spariti; anzi nelle braccia e in qualche altra parte del corpo (mi avvidi mentre mi vestivo) che ci avevo del sangue e qualche segno dei colpi. La mattina, quando feci la Comunione, pregai con più forza Gesù, che mi togliesse i segni, e mi promise che il giorno della Sua Passione me li avrebbe tolti. Seppi che la Passione era Martedì, e dei Venerdì non ne dovevano più passare.
Venerdì poi ultimo, dei segni nel capo, nelle mani, nei piedi e nel cuore non ce ne era; ma Gesù per la seconda volta mi fece sentire di nuovo qualche colpetto: mi venne un po’ di sangue per qualche parte del corpo, ma spero che Gesù presto mi toglierà pure questo.
La povera Gemma.
Fonte: La Casa di Miriam Torino