S. Pio e l’intuitività conformativa alla croce

                                           

S. Pio e l’intuitività conformativa alla croce

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“Chiunque ha scelto l’ottima parte del divino servizio, deve passare attraverso tutti i dolori del Cristo, chi più chi meno. E beate quelle anime che saranno trovate più conformi al divino Prototipo, coll’aver maggiormente partecipato ai suoi santi dolori”. (S. Pio, Epistolario III).

Quando S. Pio dice, qui, “il divin servizio”, non sta affatto limitando il suo discorso ai soli sacerdoti, ma intende tutte le anime che hanno conosciuto l’amore estrinseco di Dio manifestato nel suo Cristo. Quindi, anche noi tutti. E la croce – e questo è l’aspetto più difficile da far intendere anche a molti cristiani – è quel segno, visibile nella sofferenza sopportata per Cristo, che sigilla l’anima al cuore di Cristo stesso, in termini di compiacenza e di merito. S. Pio qui chiama “beate” queste anime, cosa che prima di lui ci ha insegnato lo stesso Vangelo. Ma l’amore alla sofferenza è follia per il mondo, e spesso anche noi scegliamo la fuga da essa, il suo “esorcismo”, anche dinanzi a sofferenze davvero di poco conto, che tuttavia turbano il nostro orgoglio e la nostra superbia al solo essere pensate. Io non conosco una sofferenza più grande di questa: aver potuto offendere la santità e la croce di Gesù – coscientemente – con i miei peccati. Questa è una sofferenza dilaniante, che la confessione non annulla nella sua potenza spirituale di natura mnemonica. Sono stato capace di crocifiggere Gesù: e forse, adesso, dovrei tirarmi indietro dall’essere crocifisso io? Forse potrei mai dire a qualsiasi croce Gesù mi ponga: “Vattene da me”?

S. Pio parla dell’esigenza di conformità al divino Prototipo: e in che modo posso mai essere conforme a Gesù crocifisso, senza essere crocifisso anch’io? Per questo cerco – non è un gioco di parole – di abituarmi alla croce attraverso piccole croci. Conforme al Crocifisso, infatti, non lo si diventa in un momento, ma seguendo il percorso di Gesù, tappa dopo tappa, con la croce sulle spalle, fino al Golgota. Quella è la meta che io – che non sono niente – individuo come mia conformità a Gesù. Senza l’idea della croce, tutte le mie conoscenze, i miei studi, le mie pubblicazioni, sono inutilità contingenti, le quali hanno senso solo nella loro propedeutica alla croce. Solo Gesù, tuttavia, può sostenere e attualizzare questa intuitività conformativa a lui nella croce. Da soli, senza di lui, infatti, non si è capaci di portare la croce nemmeno a livello intellettuale. Amen

Francesco G. Silletta

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