Maria Valtorta – Molto di più che una semplice “rivelazione privata” a cui è lecito “non” credere

Molto di più che una semplice “rivelazione privata” a cui è lecito “non” credere – Chi oggi, di tutti gli studiosi anche dei più competenti, ci può dare una retta spiegazione di Lc 7,18-23, senza Maria Valtorta (solo per fare un esempio)?
 
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Non è vero in alcun modo, oggi, che anche senza i testi della Valtorta possiamo comprendere i Vangeli e viverli secondo verità. Non fosse così, Gesù stesso non ci avrebbe donato un’opera così imponente come quella valtortiana. Un esempio? Chi, fra tutti gli omileti, i teologi e gli esperti di Bibbia e mondo biblico, quando legge il brano di Luca 7,18-23, non pensa che Giovanni il Battista, persino lui, abbia in qualche modo “dubitato” di Gesù Messia? Chi? Io personalmente non ho mai sentito il contrario, nemmeno in facoltà teologica. Questo per il semplice fatto che, alla luce di come il Vangelo viene tradotto, trasmesso e commentato ormai da secoli, non è più possibile, leggendo quel testo sopraccitato, pensare diversamente, ossia che il Battista abbia mandato due discepoli da Gesù perché dubitava egli stesso se davvero fosse Gesù il Messia atteso. Alcuni l’hanno definita – ma erroneamente – come “la grande tentazione del Battista”. Chi, dunque, ci libera da questo errore ermeneutico (che non è affatto una cosa da poco, essendo il Battista stato presantificato sin nel grembo di sua madre e un tale cedimento di fede significherebbe molto di più di quanto non sembri oggi)? Chi ci dà la spiegazione vera, che “purifica” il Battista da un’accusa che non merita affatto? La Valtorta. Non lei in quanto lei, si capisce, ma Gesù per mezzo di lei. Il Battista, infatti – ci dice la Valtorta – non ha affatto dubitato di Gesù: sono due dei suoi discepoli che hanno avuto grosse crisi in tal senso, e perciò il Battista li ha inviati, a nome suo, da Gesù, affinché – per la stima di lui – Gesù gli concedesse una oggettiva luce di senso ed essi tornassero dal Battista stesso illuminati e consapevoli di ogni cosa.
I casi testuali simili a questo, sono infiniti, nell’opera valtortiana. Io penso che se uscissimo da quella geometria standardizzata e ormai fredda in sé, ma gelida nella coscienza di chi la evoca, ossia quella della distinzione rivelatoria (del tutto umana) fra “pubblica e privata”, con conseguenze di fede imposte nell’uno e non imposte nell’altro caso, saremmo meno “quadrati e austeri”, e più semplici e ferventi nella fede.
Se non si crede a ciò che Gesù ci ha consegnato mediante la Valtorta, una infinità di questioni sulla sua venuta fra noi, sulla storia stessa della salvezza rimane equivoca e oscura, a danno della nostra fede cattolica e ancor più della nostra carità nel mondo. Se è avvenuta una simile rivelazione, con una simile quantità di informazioni, è solo perché, non credendo ad esse, rimarremmo anche noi – per dirla con Rahner – dei “cristiani anonimi”, o peggio diventeremmo dei non cristiani tout-court.
Amen – F.G. Silletta
 
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Pubblicato da lacasadimiriam

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