Gesù, umanamente parlando, conosceva ogni cosa?

Gesù, umanamente parlando, conosceva ogni cosa?
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Non apriamo questa questione perché sia nostro dovere indagare su cosa conoscesse il Figlio di Dio, che Giovanni al secondo capitolo del suo Vangelo ci dice che “sapeva quello che c’è in ogni uomo” (2,25: “autos eginōsken ti ēn en anthrōpō”). Tuttavia bisogna avere coscienza di come un certo tipo di scrittura degli Evangelisti dia adito ad alcune incomprensioni sulla conoscenza oggettiva che Gesù, umanamente parlando (dunque non in quanto Figlio di Dio), avesse del mondo, delle cose, degli eventi futuri. Ciò dipende – e lo abbiamo scritto già in altri contesti – dal fatto delle traduzioni e di come esse vengono accolte da noi lettori, che spesso non siamo a conoscenza di come una parola, in italiano resa in un unico modo, nel greco abbia una più ampia valenza semantica e distinti modi di essere intesa. Se mettiamo in parallelo, ad esempio, due testi dei Vangeli, letti unicamente alla luce della traduzione in italiano, essi sembrano contrastarsi l’uno con l’altro relativamente alla conoscenza delle cose che Gesù aveva umanamente parlando. Nel Vangelo di Marco, ad esempio, dopo il racconto della trasfigurazione di Gesù, viene detto che Gesù si imbatté in un uomo il cui figlio era indemoniato e che i suoi stessi discepoli non erano stati capaci di liberare. Allora, scrive l’Evangelista, “Gesù interrogò il padre: Da quanto tempo gli accade questo?” (cf. Mc 9,21: “Posos touto gegonen auto”). Questa domanda, suppone una non conoscenza di Gesù rispetto al tempo dal quale il figlio di quell’uomo fosse affetto da quella possessione. In un altro passo dei Vangeli, tuttavia – e scegliamo questo solo a modo di esempio, non perché sia l’unico – la situazione sembra totalmente capovolta in riferimento alla conoscenza umana di Gesù. Si dice infatti, nel Vangelo di Giovanni, che nel contesto dei malati presso la piscina detta di Betzaetà, vi fosse un uomo malato da trentotto anni. Qui, aggiunge l’Evangelista: Gesù, vedendolo disteso, e sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: Vuoi guarire?” (Gv 5,6). Gesù, quindi, secondo Giovanni, sapeva in anticipo da quanto tempo quell’uomo fosse malato (“Gnous hoti echei polyn chronon”).
Alla luce di questi due testi qui sopra evidenziati, il lettore può domandarsi quindi che tipo di conoscenza oggettiva delle cose Gesù avesse umanamente parlando. Ossia: preconosceva tutto o no? Dal primo racconto, infatti, emerge un evidente negazione a questa possibilità; dal secondo, inversamente, una oggettiva affermazione. Si capisce come dalla sola “lettera” del testo non sia possibile capire che tipo di conoscenza Gesù avesse umanamente intesa. Un ricorso alla ragione teologica diviene quindi necessario. Se infatti, dal punto di vista del Verbo divino, egli ha l’assoluta conoscenza di ogni cosa, dal punto di vista dell’Uomo, sebbene perfetto e senza colpa, egli deriva questa eventuale preconoscenza delle cose, degli eventi e delle situazioni unicamente da un dono del Padre. L’umanità di Cristo conosce tutto ciò che il Padre, secondo la perfezione della sua natura, le dona di conoscere in riferimento all’opera di redenzione dell’uomo che, nella sua umanità, il Figlio stesso deve conoscere. Non è quindi un errore degli Evangelisti o dei traduttori quando si incontrano quei passi, come quello citato sopra, nei quali Gesù sembra non conoscere un dettaglio storico: in quel determinato e specifico frangente storico, infatti, la sua divinità è come “nascosta” dietro” alla sua umanità, che viene a prevalere anche nella “non” conoscenza del tempo dal quale quel giovane fosse posseduto. Al contrario, quando gli Evangelisti enfatizzano la preconoscenza di Gesù su tutte le cose, ivi non è nemmeno un errore, poiché in questi contesti è l’onniscienza del Verbo a prevalere sull’umanità di Cristo nell’unità della Persona. In pratica vi sono situazioni nelle quali – per un imperscrutabile disegno del Padre – Gesù sembra non conoscere qualcosa, come quando chiede dove hanno posto Lazzaro morto. L’umanità di Cristo – limitata nella conoscenza – deve qui prevalere sull’onniscienza del Verbo, che conosce ogni cosa. In altri casi, per la medesima volontà del Padre, avviene l’opposto, come quando in anticipo Gesù conosce chi lo tradirà. Amen

Amen
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Pubblicato da lacasadimiriam

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