S. Leopoldo Mandic
Il 12 maggio ricorre la memoria liturgica di S. Leopoldo Mandic. Quest’anno questa memoria coincide con la solennità dell’Ascensione del Signore, cui logicamente lascia la precedenza liturgica. Vogliamo tuttavia dedicare uno spazio di riflessione alla memoria del “gigante” cappuccino, offrendo ai nostri lettori un testo utile alla meditazione ed alla conoscenza di questo personaggio. La sua intercessione sia preziosa agli occhi di Dio per tutti coloro che, leggendo queste righe seguenti, decideranno di appellarsi a lui nelle difficoltà umane del proprio cammino verso la salvezza eterna.
“Il Santo Leopoldo”
(Dal libro di P. Pietro da Valdiporro, “P. Leopoldo da Castelnovo”, VIª ed., Padova 1962, pp. 224-230).
“Confessare non è certo facile cosa, come forse tanti credono. Il confessore è giudice e tratta cause di somma importanza, che decidono sulla sorte delle anime non per pochi anni, come fanno i giudici civili, ma per l’eternità. Si tratta, nientemeno, che di dare una sentenza di assoluzione o di condanna eterna. Al confessore, quindi, prima di tutto è necessaria una sicura conoscenza della legge di Dio e del complicatissimo meccanismo della responsabilità umana. Non per nulla, la Chiesa, prima di dare ai suoi sacerdoti un potere così impegnativo, pretende da loro la scienza necessaria.
Padre Leopoldo aveva preso la cosa molto sul serio, e vi si era preparato con ogni impegno studiando a fondo la teologia dogmatica, il diritto, la morale, l’ascetica, la mistica; non solo durante il periodo degli studi antecedenti il sacerdozio, ma continuando ad applicarvisi per tutta la vita. Per la dogmatica i suoi preferiti, come già vedemmo, erano Sant’Agostino e San Tommaso, per la morale Sant’Alfonso e altri autori moderni; testi che teneva sempre a portata di mano nel suo confessionale per poterli ad ogni occasione consultare. Dava somma importanza alle lettere e encicliche dei Papi giacché, diceva, in esse si trova sempre la via sicura nelle più difficili applicazioni morali. Non che fosse un portento di scienza in tutte queste materie, ma aveva una vasta e sicura preparazione con la quale poteva affrontare tranquillo ogni caso anche di difficile soluzione. Se aveva qualche esitazione, non aveva difficoltà a chiedere parere a persone da lui ritenute più competenti. Questa preparazione dottrinale era ben conosciuta dalle persone dotte in materia.
Scrive in proposito Padre Alfonso Orlini, ex Ministro Generale dei convenutali: “Spesso i miei colloqui con Padre Leopoldo si prolungavano, anche fuori della confessione, entrando in questioni teologiche e sociali e, a volte, in confidenze reciproche di ministero che per me diventavano di grande interesse e mi rivelavano la sua rara sapienza. Spesso mi presentò dei casi di coscienza molto complessi, a volte con riferimenti al S. Uffizio, espressi da lui in forma generica, anzi teoretica, ma che io giudicavo realmente accaduti a lui nell’esercizio del sacro suo ministero. A volte, gli chiedevo il tempo necessario a rispondere, non sentendomi di dare subito una soluzione, ma per verità devo dire che la soluzione egli l’aveva sempre già data e nella maniera più soddisfacente. Mi meravigliava il fatto come, assorbito tutto il giorno nel sacro ministero, egli avesse la possibilità di tenersi al corrente di questioni controverse non solo teologiche, ma anche filosofiche, facendo rilievi interessanti ed esprimendo giudizi assai precisi. Tra me e me, mi chiesi spesso se il venerato Padre avesse anche il dono della scienza infusa. Quando nel mio apostolato, che svolsi soprattutto negli ambienti culturali, mi accorgevo che un convertito aveva qualche ripugnanza a fare la sua confessione da me, o perché legato da amicizia o perché già collega di studio, lo rimettevo a Padre Leopoldo. Mi accorgevo allora che il santo cappuccino riusciva ad avvincere quelle anime, pur tanto esigenti, e a supplire le mie precedenti deficienze. Perciò, pur ammirando e benedicendo il Signore, non mi sono mai meravigliato del fascino che egli ha sempre esercitato proprio sulle anime più difficili ad essere indirizzate alla perfezione: le anime dei dotti”.
E Mons. Antonio Bettanini, professore all’Università di Padova, scrive: “Per trentatré anni fui penitente di Padre Leopoldo. Ebbi agio di conoscerlo profondamente, anche per la bontà che egli mi dimostrava discorrendo con me su vari argomenti. Ebbi sempre l’impressione di trattare con un santo. La sua santità traluceva dalla sua vita di preghiera, dalle esortazioni che faceva in confessione, sempre ispirate alla più alta teologia, nella quale si capiva che egli spaziava, più che per studio fatto sui libri, per continua meditazione e contemplazione: conoscitore profondo delle anime e finissimo psicologo, era sicuro nei giudizi e lasciava sempre soddisfatto e tranquillo il penitente. Chi lo avesse detto di coscienza larga e facilona, avrebbe mostrato la più grande ignoranza delle cose di Dio e della teologia morale, che egli conosceva profondamente ed applicava al lume dei principi soprannaturali.
Mons. Giacinto Ambrosi, arcivescovo di Gorizia: “Padre Leopoldo era studioso delle materie teologiche e nella soluzione dei casi di morale, oltre a mostrarsi bene aggiornato in tutte le questioni, si mostrava sempre equilibrato nelle decisioni e mai ardiva dire probabile una proposizione se non era veramente tale”.
La sapienza del confessore
Padre Leopoldo però aveva capito che a nulla gli sarebbe valsa la scienza acquisita con lo studio, se il Signore non l’avesse con la sua grazia trasformata in sapienza. Per questo pregava continuamente il Signore a concedergli il dono della sapienza, necessario a dirigere le anime nella confessione; a tal fine chiedeva l’intercessione dei santi, particolarmente del Santo Curato d’Ars e di Santa Caterina d’Alessandria, famosa per la sua sapienza. Ogni anno, nel giorno della sua festa, si portava nella chiesa a lei dedicata, chiedeva di rimanere solo e poi si poneva sulla testa la reliquia della Santa, invocandola fervorosamente per ottenere da Dio la sapienza necessaria nel suo ministero.
E la sapienza celeste, che nessun maestro umano può insegnare, gli era stata veramente concessa, con una saporosa cognizione delle cose, per cui sentiva che ogni verità viene da Dio come principio e tende a Lui come a fine ultimo. Per questo era suo costume non perdersi nei particolari, ma tutto ricondurre ai grandi principi in modo che ogni sua cognizione portava all’amore di Dio e del prossimo. La sapienza di Padre Leopoldo aveva tutti i caratteri del dono della sapienza. In proposito, Mons. Giacomo Dal Sasso, professore di filosofia nel seminario di Padova, scrive: “Nell’anima di Padre Leopoldo, la Sapienza divina si era formata una eletta dimora, arricchendolo dei suoi splendori e delle sue virtù”.
La scrutazione dei cuori
Al dono della sapienza, il Signore aveva aggiunto quello della scrutazione dei cuori; dono meraviglioso che impressiona profondamente chi ne è oggetto, perché si sente come annientato. Infatti, gran parte della sicurezza dell’uomo si basa sulla impenetrabilità della sua coscienza ad ogni occhio umano; ma quando si trova dinanzi ad uno che squarcia questo velo e penetra col suo occhio nei più nascosti ripostigli dell’anima, si sente smarrito e lo invade quasi un misterioso timore.
Padre Leopoldo aveva questo dono superno e, come il Santo Curato d’Ars, come San Giuseppe Cafasso e molti altri servi di Dio, egli leggeva nelle coscienze e ne scopriva i più reconditi segreti. Le testimonianze in proposito sono numerose ed inequivocabili. Padre Alfonso Orlini scrive: “Certamente Padre Leopoldo penetrava nei cuori. Io lo sentii fare dei riferimenti ad atti e fasi della mia vita che egli non poteva umanamente conoscere”.
E Mons. Giacinto Ambrosi, con acuto esame: “Nella condotta di Padre Leopoldo poteva sorprendere il fatto che egli talvolta non permetteva al penitente di spiegarsi bene, né di confessare il peccato anche se questi l’avesse ritenuto necessario. Per me, direi che Padre Leopoldo, sia per la grandissima pratica con i penitenti, sia per l’acutezza della sua intelligenza, ma soprattutto per la diligenza e l’abitudine di esaminare se stesso, aveva acquistato una eccezionale virtù di introspezione nelle anime. Non è poi da escludersi che egli avesse ricevuto da Dio una speciale grazia di intuizione. Episodi frequenti non mancano; Padre Leopoldo leggeva spesso nei cuori”.
Il professor Angelo Zambaldo di Tregnago: “Padre Leopoldo leggeva chiaramente nelle coscienze. Lo constatai più volte, perché quando andavo da lui a confessarmi e non avevo che piccoli difetti, prima ancora che io gli parlassi, mi diceva: – Lei non ha bisogno di confessarsi, vada pure alla santa comunione. Quando invece avevo realmente bisogno di riconciliarmi, egli apertamente lasciava che gli aprissi il mio cuore. Questo fatto mi ha sempre stupito profondamente”.
Il signor Giuseppe Bolzonella di Padova andava da tempo a confessarsi da Padre Leopoldo. Una mattina del 1939, si portò, come il solito, a fare la sua confessione. Appena inginocchiato, prima ancora che aprisse bocca, Padre Leopoldo, che pareva assopito, senza nemmeno guardarlo, cominciò a dirgli tutto quello che aveva fatto, in tutte le particolarità. Quel signore, profondamente ammirato, appena il Padre ebbe finito gli disse: – Ma Padre, cosa succede? Tutto questo è quello che io dovevo dirle! – Padre Leopoldo, quasi scotendosi dal suo torpore, lo guardò amabilmente in faccia e gli rispose: – Stia tranquillo, stia tranquillo e non ci pensi più.
Molte suore Elisabettine della Casa Madre di Padova ricordano: – Padre Leopoldo intuiva certamente i bisogni spirituali delle anime senza che glieli manifestassero. Succedeva spesso che alle sue penitenti egli non lasciasse dire neppure una parola per fare l’accusa dei loro mancamenti, eppure si aveva l’impressione che egli tutto sapesse, e se ne aveva subito la prova, perché le sue parole si riferivano a quanto noi si voleva accusare, e una gran pace scendeva nelle nostre anime.
Una delle dette suore, Suor Amabile Cadorin, aveva la mamma ammalata. Si presentò alla superiora per avere il permesso di andare a visitarla, ma non l’ottenne. Profondamente avvilita, andò a confidare la sua pena a Padre Leopoldo, che sorridendo le disse: “Stia tranquilla! Torni subito dalla superiora; le assicuro che ha già cambiato pensiero!”.
Era proprio così, perché appena la superiora vide Suor Amabile, la chiamò a sé e le disse: Vada pure a casa a visitare la mamma per alcuni giorni”.
Voci di beneficati (p. 442)
Salvato da grave pericolo spirituale
“La sera del 12 settembre 1942, prima di coricarmi recitai le mie solite preghiere e dissi tre Gloria Patri a Padre Leopoldo, come faccio sempre dopo la sua morte affinché mi abbia a proteggere e conservare nella grazia del Signore. Mi svegliai alle quattro del mattino seguente e, poco dopo, la mia anima fu messa ad una durissima prova; lo spirito delle tenebre voleva trascinarmi al male. Ero agitatissimo. Improvvisamente sentii uno che camminava per la camera con passo molto lento; mi alzai a sedere sul letto; vidi nell’angolo un chiarore straordinario e, in mezzo ad esso, mi si presentò Padre Leopoldo, tutto splendente di luce. Fui preso da gran terrore e cominciai a gridare, ma egli alzando lentamente la mano, come faceva quando andavo a confessarmi da lui, mi disse: “Calmo, calmo!”.
Lo vidi ancora per un istante, poi scomparve e con lui scomparve la prova dell’anima mia, che fu subito inondata da una pace sovrumana.
Padova, 13 settembre 1942” – Un fedele.
Fonte: La Casa di Miriam Torino