“Tu chi sei?” – Gv 1,19 (Σὺ τίς εἶ;) – Il Battista precursore di Gesù anche nel modo di rispondere senza rispondere a certe domande

“Tu chi sei?” – Gv 1,19 (Σὺ τίς εἶ;) – Il Battista precursore di Gesù anche nel modo di rispondere senza rispondere a certe domande

Potrebbe essere un'illustrazione raffigurante 2 persone

Se leggiamo con un po’ di attenzione il prologo di Giovanni, ci accorgiamo di come il Battista (mai chiamato così nel quarto Vangelo, ma sempre con il nome di Giovanni), abbia un modo sui generis di rispondere alle domande che gli vengono poste dagli inviati al Giordano che lo interrogano su varie questioni. Anzitutto, essi vogliono sapere “chi” egli sia. Se però osserviamo l’altalena di domande e risposte, vediamo come Giovanni non dica mai “chi” egli sia. Non dice, ad esempio, io sono il Battista, né mai io sono Giovanni, o cose di tipo personalistico. Se i suoi interlocutori sono essi stessi a proporre delle identità da attribuire al Battista – e se questi ogni volta se ne astrae (es. “Sei Elia?” – “No” – “Sei il profeta?” – “No” – ecc.), tuttavia non si giunge mai ad una vera risposta, da parte del Battista stesso, rispetto alla domanda che gli viene posta. La stessa risposta finale che l’Evangelista attribuisce al Battista, ossia “sono voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore”, non è, formalmente, una risposta che si adegui alla forma della domanda. Il testo greco infatti è in cerca di una identità “personale”: “Chi sei?”, più che non di una identità oggettivata: “Che cosa sei?”. Anche andando oltre il testo, tuttavia, si evince ancora nel Battista questo modo di dire e non dire, di rispondere a una domanda in modo che oltrepassa la domanda stessa che è tipico di un certo modo di rispondere dello stesso Gesù, almeno alla luce degli scritti evangelici. Chiedono infatti ancora al Battista gli inviati dai farisei: “Perché, dunque, tu battezzi se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?” (Gv 1,25). In se stessa la domanda è piuttosto vaga, sia a livello storico, cioè da parte di chi la pone – dal momento che sembra comunicata un’idea di “battesimo” possibile unicamente al Cristo, ad Elia o al profeta, sia da parte dello stesso narratore del Vangelo, che pare supporre, nel lettore implicito, una conoscenza del battesimo che viene data per intesa e quindi non specificata al lettore finale del suo Vangelo. Ebbene, il Battista a questa domanda risponde in modo piuttosto complesso: “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che non conoscete…” (1,26). In pratica, il Battista non risponde secondo i canoni della domanda stessa, ma la oltrepassa: non dice “perché battezza” (nel senso dell’autorità con cui compie quel rito), ma esplicita il rito stesso nella sua funzione di precursore a un altro rito battesimale. Anche la stessa testimonianza che il Battista dà del Cristo, l’Agnello di Dio, ai suoi discepoli, è costruita su una certa complessità, che si riferisce più alla conoscenza del lettore implicito che non a quella del lettore reale. Dice ad esempio: “Ho visto lo Spirito scendere e posarsi su di lui come una colomba dal cielo” (1,32). Il Battista – o meglio, il narratore – dà per certa una conoscenza dello Spirito, in quei discepoli, che solo il lettore implicito può possedere. Cosa sa, infatti, il lettore reale, dello Spirito Santo, a questo punto così iniziale del Vangelo? Si tratta di tecniche narratologiche che tendono a sintetizzare molto gli avvenimenti, lasciando che il lettore finale si immedesimi come può nelle conoscenze che il narratore pone nella mente del lettore implicito. Amen

F.G. Silletta
Edizioni Cattoliche La Casa di Miriam
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