Abraham Maslow: la funzione dell’educazione morale

 

(Nella foto: Abraham Maslow)

 

Abraham Maslow : la funzione dell’educazione morale

Ciò che viene comunemente denominato come virtù esprime una qualificazione evidentemente complessa e, guardando la semantica, la risultante terminologica non è scontata o ovvia come potrebbe apparire.

Intesa come “attitudine a compiere bene il bene” (Aristotele), o come una “buona qualità mentale, dono gratuito divino, per cui si vive rettamente” (Pietro Lombardo)[1], la virtù accompagna l’esperienza umana lungo i secoli, appartiene tanto alla sfera psicologica quanto a quella teologica della vita umana, ne rappresenta una disposizione stabile, un ordine permanente delle nostre passioni, una ferma padronanza del nostro comportamento mediante la perfezione abituale dell’intelletto e della volontà[2].

Indubbiamente non si nasce virtuoso, ma si viene educati alle virtù, che pertanto sono un’acquisizione umana, pur rimanendo di per se stesse un dono divino.

In quanto libero, l’uomo è un soggetto morale e pertanto il proprio comportamento (agire umano) è moralmente qualificabile. Ciò non equivale alla valutazione dell’agire secondo la conformità ad una legge o ad un precetto, bensì alla considerazione della bontà esistente nel relazionarsi dell’agire stesso alla realtà divina, cui l’uomo incessantemente tende e rispetto alla quale costantemente si pone in ascolto[3].

Dal punto di vista psico-pedagogico, l’aspetto che qui ci interessa di più è la padronanza di sé, la possibilità di tendere liberamente al bene che la virtù esprime. Il termine padronanza di sé esprime un auto-sorreggersi lungo la propria esistenza che la persona umana sperimenta a partire dalla giovinezza[4] , nel senso che in questa fase della propria esistenza la persona umana avverte profondamente un desiderio di autonomia e di presa di coscienza di sé e della propria vita.

In questo senso va sottolineata l’influenza di Abraham Maslow, lo psicologo dei bisogni emotivi, che nella sua classificazione piramidale dei suddetti bisogni ha posto al vertice proprio il bisogno di auto-realizzazione[5]. Ovviamente si tratta di un processo che accompagna la persona umana sin dalle proprie origini, anche se si esprime fortemente nella fase della giovinezza. I neonati ed i bambini, infatti, vivono spontaneamente del proprio presente, gioiscono di esso e non considerano il futuro o comunque non guardano a mete lontane: “Vivono, non si preparano a vivere[6].

Tuttavia è proprio in questa fase che gioca un ruolo fondamentale l’accrescimento del soggetto (che comprende anche l’acquisizione delle virtù), in cui il bambino non è più puro essere ma si apre al divenire, accresce appunto la propria esistenza. Inevitabilmente il ruolo educativo genitoriale si inserisce in questo processo, il quale presenta essenzialmente due poli: da un lato il bisogno di sicurezza, che porta sostanzialmente a vivere del passato, a regredire rifiutando il divenire, il nuovo; dall’altro, l’accrescimento in cui l’attrazione per le nuove situazioni porta ad una condizione di apertura e di scoperta della totalità del sé. Tra questi due poli, appunto, vi è la persona umana, che può orientarsi verso l’uno (sicurezza) o verso l’altro (accrescimento)[7].

Nel processo di accrescimento incide molto il fatto che esso risulti più gradevole, più piacevole e gratificante dello stato precedente, altrimenti difficilmente esso può realizzarsi nel soggetto.

Nel caso delle virtù, per esempio, la loro acquisizione non dipende dall’imposizione, dall’obbligo o quant’altro di questo genere, bensì dalla misura in cui la coscienza individuale del soggetto le ritiene buone, nel senso di una realtà piacevole da possedere e da acquisire. Si tratta di una scelta libera e non condizionata. Certamente, però, nel suo processo di accrescimento il bambino non deve perdere quel bisogno di sicurezza così importante per lui, poiché infatti, senza sicurezza non c’è nemmeno accrescimento. Ciò che è determinante, semmai, è la “smaternizzazione” di questa sicurezza, che nel processo di accrescimento diviene appunto responsabilità ed autocoscienza.

In questo senso la padronanza di sé diviene davvero essenziale perché si possa parlare di virtù in un soggetto. Essa, infatti, è il paradigma per cui la persona umana possa liberamente  attuare se stessa, la propria aspirazione ad una vita buona, in modo da orientarsi in piena coscienza alla meta cui essa tende, cioè appunto il bene.

L’acquisizione delle virtù, dunque, è un processo dinamico che accompagna l’età evolutiva della persona, ma non può mai dirsi pienamente concluso.  La persona, infatti, deve scegliere da sé, in quanto unica conoscitrice della propria soggettività e del proprio piacere nel compiere atti buoni. Uno stravolgimento del processo di accrescimento che conduce all’acquisizione delle virtù (educazione)  avviene proprio nei casi di eccessiva interferenza dell’ambiente esterno o di altre persone nelle scelte individuali del soggetto, sia esso in fase di sviluppo cognitivo, sia esso una persona già adulta. Un tale eccesso, infatti, debilita la capacità del soggetto, che appunto non riesce più interiormente a differenziare tra ciò che è suo personale o altrui.

In modo particolare, corrono questo rischio i bambini. Se l’interferenza altrui (sostanzialmente genitoriale, ma potrebbe anche essere di altre figure) si intromette in termini di opinioni, premi o castighi, fiducia, ecc., corre il rischio di generare nel bambino un aut-aut: o la fiducia in se stesso, o il timore di perdere gli “altri”, così dominanti nella sua vita privata.

Poiché tale rischio produce un’eccessiva angoscia, considerato che il bambino ancora dipende “dall’esterno”, sostanzialmente egli priverà la fiducia in se stesso in favore dell’approvazione degli altri[8]. Una dinamica che inevitabilmente produce come conseguenza un disprezzo per il proprio piacere, poiché conflittuale rispetto all’approvazione esterna, il che debilita quel percorso di accrescimento e di acquisizione della padronanza di sé su cui invece si fondano le virtù e su cui dovrebbe poggiare tutta l’educazione morale:

La scelta primaria, quindi, è il bivio tra il sé degli altri ed il proprio[9].

Per non perdere gli altri, infatti, il bambino rischia di perdere il proprio sé.

Ogni persona, dunque, nasce con determinate potenzialità che devono essere sviluppate in modo da consentire un approdo alla perfezione di sé, della ricchezza di ciò che egli è per natura. Qui è fondamentale l’importanza dell’educazione, anche e soprattutto quella morale, affinché le diverse potenzialità che l’uomo ha per creazione arrivino a concretizzarsi in virtù stabili e in opere costruttive.

Il momento culminante dello sviluppo umano è l’incontro con Dio nell’elevazione-trascendenza che l’uomo compie di fronte alla propria limitata spazio-creaturalità. Questa è in concreto la sua autentica e peculiare realizzazione, il compimento di quel tendere verso del quale la persona si rende conto lungo le varie tappe del proprio sviluppo cognitivo ed emotivo.

In questa prospettiva si comprende come l’educazione alle virtù abbia una fondamentale pregnanza nella sapienza religiosa e morale.

 Francesco G. Silletta – Edizioni La Casa di Miriam – Studi

 

 

 


[1] Cfr. MONGILLO D., Virtù, in COMPAGNONI F. – PIANA G. – PRIVITERA S., (a cura di), Nuovo Dizionario di Teologia Morale, Ed. S. Paolo, Cinisello Balsamo 1990, p. 1451.

[2] Cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 1804.

[3] Cfr. MONGILLO D., Virtù, op. cit., p. 1455.

[4] Cfr. STAMURA UBALDI PUGNALONI A., Elementi di psicopedagogia religiosa, Roma 2004, pp. 251-252.

[5] Cfr. MASLOW A., Verso una psicologia dell’essere, Ubaldini Editore, Roma 1971, p. 53.

[6] Ivi.

[7] Ivi, p. 56.

[8] Cfr. Ivi, p. 60.

[9] Ivi, p. 61.

 

 

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