“La differenza tra l’immagine e la somiglianza con Dio” – Maria Valtorta conferma e insieme oltrepassa sant’Ireneo ***

“La differenza tra l’immagine e la somiglianza con Dio” – Maria Valtorta conferma e insieme oltrepassa sant’Ireneo ***

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Anche sant’Ireneo (come Agostino, Ilario, Bonaventura, Ratzinger e un’infinità dei cosiddetti “grandi teologi” della storia) viene in un certo momento a colloquio immaginario con (l’incredibile) teologia di Maria Valtorta, per essere poi “perfezionato” nelle sue conclusioni da quest’ultima. La Valtorta, infatti – e l’ho pubblicato nel testo “La fede languente” – non interpella “solo” la devozione privata dei fedeli, né soltanto l’eventuale interesse di determinati studiosi: ella interpella in modo eloquente la teologia, e la teologia di ogni tempo storico, senza possibilità di essere esonerata da questo confronto, a meno che non si voglia arbitrariamente fingere (davanti a Dio) che non esista alcun contributo teologico offerto all’uomo da Maria Valtorta. Ebbene, tornando a sant’Ireneo, egli commentava il versetto genesiaco che definisce l’uomo come creato a immagine e somiglianza di Dio in un modo per certi aspetti sorprendente. L’immagine – spiega il Vescovo di Lione – è una realtà ontologica, caratteristica dell’in sé umano, mentre la somiglianza è una realtà che si deve acquisire e di cui nell’uomo sussiste solo la potenzialità intrinseca. Secondo Ireneo, quindi, “si diventa” simili a Dio, mentre “si è” sua immagine. La Valtorta – senza però alcun riferimento diretto a Ireneo  – entra a suo modo nella medesima questione, molti e molti secoli dopo Ireneo, “perfezionando”, ma non “contraddicendo” il santo martire e teologo. Ella, infatti, mantiene inalterata l’idea di Uomo-Immagine a livello ontologico e inalterabile, ma in quanto alla somiglianza, sebbene ne ammetta il carattere fluttuante (cioè “in divenire”), riferisce questa attualizzazione della potenza non tanto all’ontologia, come Ireneo, ma alla “perfezione” di essa. Con parole semplici, la Valtorta afferma che l’uomo è ontologicamente creato sia ad immagine che a somiglianza di Dio, ma mentre l’immagine rimane, la somiglianza può decadere, e per questo essa va costantemente “perfezionata” a livello soggettivo. Che cos’è, valtortianamente, questa “somiglianza”? È quel “possesso di uno spirito eterno, incorporeo, soprannaturale che avete in voi”, scrive nei suoi Quaderni. Questo spirito, che ci rende simili a Dio (che è spirito per essenza), può oscurarsi e decadere, anche se nell’uomo permane l’immagine di Dio. In un certo senso, la Valtorta è qui molto vicina a Ireneo, sebbene al contempo vada oltre la sua tesi. È infatti la perfezione della somiglianza, non la somiglianza in quanto tale, che dipende dal soggetto umano. Dio crea l’uomo, secondo la Valtorta, realmente “a sua immagine e somiglianza” (e quest’ultima non è quindi solo un termine “rafforzativo” di “immagine”). L’uomo è però chiamato ad acquisire la perfezione di questa somiglianza, vivendo secondo lo spirito unito alla Grazia. Occorre sforzarsi – scrive la Valtorta – a raggiungere la perfezione della somiglianza. “Io l’ho detto: Siate perfetti come il Padre mio”. Amen

*** Disponibile dal 7 gennaio – “Il Pensiero che diventa Parola. Teologia Trinitaria alla luce degli scritti di Maria Valtorta” – di Francesco G. Silletta –

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Pubblicato da lacasadimiriam

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