“Ci ha dato l’intelligenza per conoscere il vero Dio” [1Gv 5,20] –Meditazione serale alla Casa di Miriam del 28 dicembre 2023

Christ Leaves His Trial, 1880 Painting by Gustave Dore - Fine Art America

 “Ci ha dato l’intelligenza per conoscere il vero Dio” [1Gv 5,20] –Meditazione serale alla Casa di Miriam del 28 dicembre 2023:

I passi del Nuovo Testamento, in specie quelli giovannei, se letti e meditati per sezioni o pericopi, o, più minuziosamente ancora, per versetti, possono sorprenderci e rallegrare lo spirito, per la speranza che vi introducono e la fede che vi iniettano. Perché questo avvenga, occorre amare la Parola che Dio ci dona e “contemplarla” in tutto ciò che essa comunica e rivela, e che trascende continuamente la nostra primitiva conoscenza. Non si deve mai pensare, in tal senso, di averla già letta e di aver capito tutto di ciò che Dio, mediante essa, vuole che conosciamo di lui. In questo versetto di Giovanni, che praticamente chiude la sua prima lettera, ci viene detto – in continuazione con ciò che precede (ossia che noi siamo da Dio, mentre il mondo giace sotto il peso del maligno) – che non solo il Figlio di Dio è venuto tra noi, ma ci ha anche dato l’intelligenza per conoscere il vero Dio. Tre parole, qui, sono differenziali per la nostra comprensione. La prima è una parola di cui spesso abusiamo indebitamente, non essendone corretto l’uso da noi applicato, ossia “intelligenza”. Non si tratta, qui, di “cultura” nel senso dei dotti. In greco, il termine è “διάνοια” (dianoia), che significa l’intellezione, l’appropriazione intellettiva di una realtà, il passaggio intellettuale “attraverso” di essa. In un certo senso, è la vera conoscenza di una data realtà, che può valere molto di più di una soltanto formale “apprensione” verso essa tipica di certi dotti. Questa intelligenza, infatti, diviene integrativa al soggetto stesso, come parte di lui e non è soltanto una conoscenza in più, di tipo accidentale. La seconda parola è appunto il verbo “conoscere”, che questa intelligenza suppone. Nel contesto del versetto di Giovanni che stiamo analizzando, questo “conoscere” è il fine dell’intelligenza stessa che Gesù ci ha donato. In greco il verbo è “γινώσκω”  (ginóskó), che in Giovanni indica una tipologia di conoscenza derivante dall’apprendimento, non innata. Il Figlio di Dio, dunque, ci dice Giovanni, ci ha donato una intelligenza tale da poter attuare questo apprendimento: ma di che cosa? Giovanni ce lo rivela con pazienza: il vero Dio. Qui compare la terza parola importante per noi. Essa non è “Dio”, bensì il “vero” (Dio). Giovanni fa implicitamente intendere come stesse circolando un’idea falsa di Dio e una falsa fede in lui. “Vero” in greco si dice “ἀληθινός”  (aléthinos): questo termine enfatizza la relazione fra ciò che è ritenuto “vero” e la verità stessa. In sintesi, Giovanni ci dice che, per un dono del Figlio incarnato, ci è data la possibilità di conoscere, mediante l’intelligenza, chi sia il vero Dio e, consequenzialmente, chi siamo noi che crediamo in lui. Non ci è quindi possibile confondere, in mezzo a finte verità di questo mondo, l’esistenza del vero Dio e la sua natura, indipendentemente da quale sia la nostra cultura. Abbiamo infatti l’intelligenza che Gesù Cristo ci ha donato, per conoscere il vero Dio. Amen.

 

Pubblicato da lacasadimiriam

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