“[…] la guerra tra gli angeli è evento che si colloca sul piano della storia. Satana, il capo degli angeli ribelli, ci è presentato da Giovanni come un “segno”, e la guerra stessa è menzionata dall’autore come conseguenza della persecuzione che il “segno Satana” ha esercitato contro il “segno donna”, quando ancora entrambi sono “nel cielo”. Ora, “i segni”, già l’abbiamo detto, stanno ad indicare interventi di Dio sul piano della storia, e sono tali appunto perché possono essere “visti”, e testimoniano la sua potenza salvifica e punitrice.
Il dragone Satana, dunque, è un segno ed è, al pari della donna, “un segno nel cielo”. E lo è, innanzitutto, perché la sua forma mostruosa tradisce il giudizio divino di condanna che si è abbattuto su di lui a causa della persecuzione omicida che egli esercita, a causa dell’invidia, contro la donna e il figlio che porta in grembo.
Ma la sua metamorfosi non cancella del tutto le tracce della perfezione e della dignità in cui era stato creato: le sue sette teste recano ciascuna un diadema, simbolo inequivocabile di una dignità regale che egli aveva, forse, su tutti gli angeli e che è con tutta probabilità alla radice dell’odio verso la creatura (la donna) che Dio circonda di tanti privilegi. La persecuzione che egli, scagliato sulla terra, porta prima contro “il seme della donna” e poi contro Gesù Cristo altro non è, in fondo, se non un rabbioso tentativo per affermare la sua egemonia ed il suo carattere regale.
Il suo aspetto esteriore, quale lo rappresenta Giovanni, anche se si riferisce ad un personaggio concreto e reale, conserva una forte carica simbolica. Il colore rosso fuoco, che richiama quello del cavallo del secondo sigillo con in groppa il cavaliere dalla grande spada, è simbolo della sua aggressività omicida. Altro simbolo di aggressività è la sua coda, analoga alle code con cui tormentano e uccidono le cavallette e i cavalli infernali della quinta e sesta tromba: con essa il dragone Satana trascina e scaglia sulla terra un terzo delle stelle – angeli.
Più complesso è il simbolismo congiunto delle sette teste e delle dieci corna, su cui, a mia conoscenza, nessun commentatore si è soffermato. Per le teste i più si limitano ad osservare che esse ritornano nella descrizione della bestia del mare (13,1) e della bestia su cui sta seduta la prostituta (17,3).
Quanto alle dieci corna, che ritornano anche esse in 13,1 e 17,3, è evidente il riferimento alla visione di Daniele delle bestie dal mare in cui la quarta possiede, appunto, dieci corna (Dn 7,24) che sopra abbiamo inteso come allegoria dei successori di Alessandro Magno.
[…] nelle sette teste e nelle dieci corna con cui è raffigurato il dragone possiamo vedere non già l’evocazione di un essere mostruoso e pauroso (come emerge dalla parola “drago” che si va imponendo recentemente nelle traduzioni italiane), bensì la rappresentazione simbolica della dominazione diabolica sul mondo nella fase antica della storia della salvezza con la collusione tra angeli malvagi che dominano sui millenni (sette teste) e il potere politico corrotto (dieci corna). E non è impossibile, allora, vedere nel prodotto di sette per dieci una allusione alla profezia delle settanta settimane di Daniele che scandiscono il tempo che intercorre tra l’esilio babilonese e l’avvento del regno messianico […]
(Corsini, Apocalisse di Gesù Cristo secondo Giovanni, Ed. SEI, Torino 2006, pp. 229-230)
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