“L’ascensione di Gesù come ingresso nella gloria”

“L’ascensione di Gesù come ingresso nella gloria” – dal libro “Amato perché amante. Il Discepolo Amato come personaggio in migrazione” – di F.G. Silletta – Copyright Edizioni La Casa di Miriam – Distribuzione Proliber – Nelle librerie cattoliche e online

“Maria vive ora uno spostamento esistenziale (migrazione) di portata radicale. Il narratore non le pone alcuna coordinata spazio-temporale per amalgamare interiormente il mistero dell’evento, facendola intercorrere immediatamente in un orientamento attualizzante consegnatole da Gesù. Nelle parole del Risorto compaiono due immediate negazioni:

1. Non mi trattenere (μή μου ἅπτου – lett. “non mi toccare”)
2. Non sono ancora salito al Padre (οὔπω γὰρ ἀναβέβηκα πρὸς τὸν πατέρα).

Più che un rimprovero, le due negazioni costituiscono i due volti di un’unica rivelazione: Gesù ascende al Padre ed entra corporalmente nella gloria (cfr. 3,13; 6,62). Analizziamo i verbi chiave in questo contesto rivelatore. Il primo verbo è “ἅπτεσθαι”, usato al presente imperativo (μή μου ἅπτου). Secondo alcuni autori, questo verbo, impiegato al presente, esprime un’azione protratta nel tempo, per cui ha un significato più simile a “trattenere, aggrapparsi”, piuttosto che non semplicemente a “toccare”, in senso puntuale, come avviene invece quando è usato con l’aoristo . Applicato all’atteggiamento di Maria dinanzi alla visione del Risorto, questo verbo imprime alla scena una certa veemenza affettiva della donna nel manifestare il suo legame per Gesù, verosimilmente sulla scia del resoconto parallelo matteano (Mt 28,9), dove viene detto che ella si getta ai piedi di Gesù per tenerli abbracciati. In un certo modo, quindi, Gesù intende spezzare un ordine di relazione con lui che la donna comprende ancora secondo i parametri della relazione terrena:

“Oramai il Gesù secondo la carne non è più accessibile come lo era stato da vivo. A partire dalla risurrezione, gli occhi della carne sono impotenti a vedere e a riconoscere. Maria rappresenta così la prima credente chiamata a credere e ad amare diversamente dal tempo della presenza fisica di Gesù. Diventa così un modello per tutti coloro che ascoltano Gesù chiamarli con il proprio nome per diventare suoi seguaci” (MARCHADOUR A:, I personaggi del Vangelo di Giovanni, op. cit., p. 116).

Il secondo verbo fondamentale in questo contesto narrativo è “ἀναβαίνειν” (cfr. 6,62; Ap 17,8), impiegato una prima volta in forma negativa (οὔπω γὰρ ἀναβέβηκα), e subito dopo ripresentato in forma affermativa (ἀναβαίνω πρὸς τὸν πατέρα μου καὶ πατέρα ὑμῶν καὶ θεόν μου καὶ θεὸν ὑμῶν). Di per se stesso, nell’economia del QV non è l’unico verbo utilizzato per esprimere la dinamica di Gesù che va al Padre:

“Il ritorno di Gesù al luogo d’origine è indicato con sette verbi diversi: ‘ἔρχεσθαι’ (17,11a.13), ‘ἀπέρχεσθαι’ (16,7b), ‘πορεύεσθαι’ (7,35; 14,2.3.12.28b; 16,28), ‘ἀναβαίνειν’ (6,62; 20,17), ‘μεταβαίνειν’ (13,1), ‘ὑπάγειν’ (7,33; 8,14.21.22; 13,3.33; 14,4.5.28a; 16,5.10.17), ‘ἀφιέναι’ (16,28). Ciò sta a sottolineare come esso, pur costituendo un unico evento storico, presenti molteplici sfaccettature” (Cfr, PASQUETTO V., Incarnazione e comunione con Dio, op. cit., p. 169)

COPYRIGHT EDIZIONI LA CASA DI MIRIAM – COLLANA “TEOLOGIA” – “Amato perché amante. Il Discepolo Amato come personaggio in migrazione” – Distribuzione Proliber – Nelle librerie cattoliche e online – 368 pagine – € 37 – Tel. 3405892741
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