Sulla santità del corpo – da una Catechesi di S. Giovanni Paolo II ***
“[…] L’astensione «dalla impudicizia», che implica il mantenimento del corpo «con santità e rispetto», permette di dedurre che, secondo la dottrina dell’Apostolo (Paolo), la purezza è una «capacità» incentrata sulla dignità del corpo, cioè sulla dignità della persona in relazione al proprio corpo, alla femminilità o mascolinità che in questo corpo si manifesta. La purezza, intesa come «capacità», è
appunto espressione e frutto della vita «secondo lo Spirito» nel pieno significato dell’espressione, cioè come nuova capacità dell’essere umano, in cui porta frutto il dono dello Spirito Santo. Queste due dimensioni della purezza – la dimensione morale, ossia la virtù, e la dimensione carismatica, ossia il dono dello Spirito Santo – sono presenti e strettamente connesse nel messaggio di Paolo. Ciò viene posto in particolare rilievo dall’Apostolo nella prima Lettera ai Corinzi, in cui egli chiama il corpo «tempio (quindi: dimora e santuario) dello Spirito Santo».
2. «O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio e non appartenete a voi stessi?» – chiede Paolo ai Corinzi, dopo averli prima istruiti con molta severità circa le esigenze morali della purezza. «Fuggite la prostituzione! Qualsiasi peccato l’uomo commetta è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impudicizia, pecca contro il proprio corpo». La nota peculiare del peccato che l’Apostolo qui stigmatizza sta nel fatto che tale peccato, diversamente da tutti gli altri, è «contro il corpo» (mentre gli altri peccati sono «fuori del corpo»). Così, dunque, nella terminologia paolina troviamo la motivazione per le espressioni: «i peccati del corpo» o i «peccati carnali». Peccati che sono in contrapposizione appunto con quella virtù, in forza della quale l’uomo mantiene «il proprio corpo con santità e rispetto».
3. Tali peccati portano con sé la «profanazione» del corpo: privano il corpo della donna o dell’uomo del rispetto ad esso dovuto a motivo della dignità della persona. Tuttavia, l’Apostolo va oltre: secondo lui il peccato contro il corpo è pure «profanazione del tempio». Della dignità del corpo umano, agli occhi di Paolo, decide non soltanto lo spirito umano, grazie a cui l’uomo si costituisce come soggetto personale, ma ancor più la realtà soprannaturale che è la dimora e la continua presenza dello Spirito Santo nell’uomo – nella sua anima e nel suo corpo – come frutto della redenzione compiuta da Cristo. Ne consegue che il «corpo» dell’uomo ormai non è più soltanto «proprio».
E non soltanto per il motivo che è corpo della persona, esso merita quel rispetto, la cui manifestazione nella condotta reciproca degli uomini, maschi e femmine, costituisce la virtù della
purezza. Quando l’Apostolo scrive: «Il vostro corpo è tempio dello Spirito che è in voi e che avete da Dio», intende indicare ancora un’altra fonte della dignità del corpo, appunto lo Spirito Santo, che è anche fonte del dovere morale derivante da tale dignità. […]”
*** (S. Giovanni Paolo II, Udienza generale, 11 febbraio 1981)
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