Il verbo ἀγραυλέω (agrauleó), che significa “vivere nei campi”, applicato ai santi pastori della Natività
Nel Vangelo di Luca compare un verbo greco insolito, composto di due termini, ossia il verbo ἀγραυλέω (agrauleó), che non si rinviene altrove nel Nuovo Testamento in questa forma. Esso significa: “vivere nei campi, stare all’aperto”; alcuni traduttori inglesi parlano addirittura di “bivacco”. In realtà, al versetto di Lc 2,8 si usa questo verbo giustificando la presenza, nei dintorni di Betlemme, di questi pastori, che nel cuore della notte, sorvegliavano il loro gregge “albergando”, appunto, nei campi. Il verbo greco si compone di due termini, infatti, ossia “ἀγρός” e “αὐλή” (agrós e aulé), indicativi il primo del contesto campestre, il secondo dell’idea stessa di “contesto” (aula, ambiente, ecc.). Da qui, il verbo agrauleó, inteso nel senso di “abitare” nei campi. Benedetti, quei campi, tuttavia, nei quali si mostrò l’angelo, con le schiere celesti, rivelando la nascita del Salvatore a Betlemme e intonando il grande e suggestivo canto del “Gloria”: Δόξα ἐν ὑψίστοις θεῷ καὶ ἐπὶ γῆς εἰρήνη ἐν ἀνθρώποις εὐδοκίας” (Gloria a Dio nell’Alto dei Cieli e pace sulla terra agli uomini che egli ama” (Lc 2,14).
I pastori vissero un’esperienza indimenticabile, che tuttavia partì, narrativamente parlando, da una abitudine, ossia dalla più assoluta semplicità esistenziale: abitare nei campi, trascorrere la notte all’aperto, spesso soffrendo a motivo di ciò. L’evento della nascita del Messia si associa alla loro quotidiana routine, enfatizzando questa comunione di “destini” nell’incontro gaudente presso la grotta della Natività. Il Salvatore annichilito nelle fasce e al freddo, e i pastori, stanchi della loro “abitazione all’aperto”: l’Umiltà Incarnata che incontra l’umiltà esistenziale dei pastori, testimonino della Gloria di Dio. Amen