“Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere” [Lc 8,18]

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Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere” [Lc 8,18]

(βλέπετε οὖν πῶς ἀκούετε)

Quando si medita il Vangelo non bisogna mai astrarre delle pericopi o porzioni testuali, analizzandole senza la contestualizzazione che ne costituisce la fonte vitale di comprensione. Come nel caso del versetto in oggetto, non è possibile intendere secondo lo Spirito, ma solo fraintendere con l’umana ragione, ciò che Gesù sta insegnando ai suoi discepoli e anche a noi. Se decontestualizzata dal suo ambiente vitale, infatti, l’espressione “a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere”, appare assurda, eticamente discutibile e formalmente ingiusta. Secondo i canoni puramente umani, infatti, apparirebbe cosa giusta che Dio desse “a chi NON ha”, anziché a chi già possiede, e che togliesse, parimenti, a chi ha, per fornire gli indigenti. Ma questo non è il senso delle parole di Gesù, e se tale viene ritenuto, lo è per motivi di una immotivata contestazione della misura della divina giustizia, alla luce di un fraintendimento di fondo. Gesù, infatti, fa una fondamentale premessa al suo discorso, che anche in altri contesti del suo linguaggio storico viene rinvenuta: “Fate attenzione dunque a come ascoltate”. Vi è cioè una previa, decisiva e insostituibile esortazione all’ascolto come a ciò che rende nutrita la volontà umana rispetto all’amore di Dio. Questo concetto, spiega allora perché sia “a quanti hanno” che “viene dato”, e a quanti non hanno, viene tolto. L’avere, qui, non è rappresentato da una sostanza materiale o da un possedimento terreno, ma piuttosto da un’entità spirituale: l’ascolto. L’ascolto di che cosa? Della divina parola. Ivi è la misura di discernimento della stessa giustizia di Dio nella distribuzione aggiuntiva o, inversamente, eliminatoria, di questo “avere”. L’ascolto di Dio produce da Dio ricezione abbondante della sua semina; il non ascolto, produce non solo il cattivo esito di questa semina, ma anche la privazione di quanto in partenza si pensava di possedere. Il fatto che questo concetto venga esplicitato nel contesto della parabola del seminatore, non è in tal senso casuale, poiché l’ascolto, dal quale dipende la mietitura, è inteso secondo il linguaggio della semina e della fruttificazione perseverante. Amen

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