L’attualità sensibile di alcuni testi sapienziali:

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L’attualità sensibile di alcuni testi sapienziali:

Nei libri cosiddetti “sapienziali” dell’Antico Testamento, ci sono degli insegnamenti che accarezzano il cuore e illuminano la mente, e che sono utili e amabili anche per persone che non sono cristiane o niente affatto credenti. Per questo andrebbero letti e meditati con continuità e parsimonia spirituale, dal momento che in molte parti trascendono l’epoca in cui sono stati scritti e sono riferibili anche al tempo storico presente. Pensiamo per esempio al Siracide: “Quanto al numero dei giorni dell’uomo, cento anni sono già molti. Come una goccia d’acqua e un granello di sabbia, così questi pochi anni in un giorno dell’eternità. Per questo il Signore è paziente con gli uomini e riversa su di essi la sua misericordia” (Sir 18,8-10). Sono parole che non hanno tempo, e non riguardano solo i lettori contemporanei all’autore di questo testo. E ancora in questo stesso libro (molto esteso), si dice ad esempio: “È malvagio l’uomo dall’occhio invidioso, volge altrove lo sguardo e disprezza la vita altrui. L’occhio dell’avaro non si accontenta di una parte, l’insana cupidigia inaridisce l’anima sua” (Sir 14,8-9). Insegnamenti, questi (ovviamente letti nell’integralità del testo) che possono riflettersi senza problemi anche nella cultura temporanea. In un altro libro, quello della Sapienza, si dice: “Guardatevi da un vano mormorare, preservate la lingua dalla maldicenza, perché neppure una parola segreta sarà senza effetto, una bocca menzognera uccide l’anima” (Sap 1,11). Un ammonimento, questo, che trascende il tempo della sua scrittura, e che vale certamente anche oggi. E il saggio Qoelet dice “Ecco il pianto degli oppressi, che non hanno chi li consoli; da parte dei loro oppressori sta la violenza, mentre per essi non c’è chi li consoli” (Qo 1b). Parole che sembrano echeggiare tante situazioni di oppressione del giorno d’oggi. E il più conosciuto di questi testi sapienziali, cioè quello di Giobbe, introduce, al termine dell’esperienza di dolore del suo protagonista (cioè lo stesso Giobbe) il grande valore del pentimento dinanzi a una qualsiasi iniquità commessa: “Mi ricredo, ne provo pentimento sopra polvere e cenere” (Gb 42,6).
Potessimo leggere e meditare ogni giorno qualche versetto di questi splendidi testi sapienziali che la Bibbia (cattolica, poiché quella ebraica e protestante non riconoscono come “ispirati” alcuni di essi), ebbene, avremmo certo investito sulla salute della nostra anima e trovato consiglio in tanti enigmi della vita. Amen.

 

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