Meditazione serale alla Casa di Miriam del 25 febbraio 2019 – Il brano d Isaia 30,18:
Oggi ci raduniamo desiderosi di addentrarci in un versetto biblico che possa in qualche modo ristorare il nostro spirito rispetto alle pene di questo giorno, ai turbamenti, alle fatiche. Se è vero che la Bibbia è Parola di Dio, non è detto che Dio parli sempre allo stesso modo attraverso di essa. Questo per dire che non è affatto scontato che un versetto valga l’altro. No. La Bibbia va meditata con discernimento, mai pensando di averla capita, “intesa”, compresa come se ora sì, fosse possibile chiudere il discorso e passare ad altro. In essa vi è una continua scoperta, un continuo ripensamento, una sempre nuova interpretazione all’orizzonte. Ed il nostro cuore non può mai dirsi veramente sazio di quanto ivi scopre, conosce, impara, riceve. Poiché infinita è l’estensione della scoperta.
Ora incontriamo questo versetto di Isaia che, appunto, abbiamo previamente scelto: siamo nel capitolo 30, al versetto 18, nella seconda parte del versetto stesso. In realtà il profeta ci dice qualcosa che oggi, dopo tanti e tanti secoli, non ci pare più così “sorprendente” e che per questo, talvolta, rischiamo di dimenticare. Dice il profeta:
“Un Dio giusto è il Signore,
beati coloro che sperano in lui”
Ci vengono sostanzialmente dati due ordini di qualificazioni: l’una, quella del Signore, definito come “Dio giusto”; l’altra, quella di quanti ripongono in questa “giustizia” la propria speranza, definiti qui, a motivo di ciò, “beati”.
Ogni frase della Bibbia che si tenti di meditare o, tanto più, di commentare in senso analitico, deve necessariamente essere contestualizzata. Dio parla, è vero, ma lo fa sempre attraverso un previo posizionamento della sua parola rispetto ad un dato ordine di tempo, di spazio e di significato nella storia stessa in cui si rivela. E ciò che primariamente emerge, è la dolcezza di queste parole del profeta in un contesto semmai “aspro” da questo punto di vista, perlomeno in quanto alla natura dell’esposizione. Siamo infatti nel contesto degli oracoli contro alcune nazioni, ribelli al piano di Dio, come ad esempio l’Egitto o l’Assiria.
Vi è tuttavia uno spazio per un “rilassamento” dello spirito, che appunto infonde speranza, nonostante la durezza di un certo ordine di linguaggio.
Lasciamoci allora trasportare da questa stessa dolcezza. Isaia viene a rimarcare la giustizia di Dio, il Signore, proprio perché corriamo il rischio, anche noi a distanza di secoli, di intendere diversamente il suo modo di agire, di ritenerlo non corretto, preferenziale rispetto ad alcuni e penalizzante altri, equivoco, e via dicendo. No. Isaia sottolinea con forza l’imparzialità divina, la sua giustizia. Una giustizia che gli appartiene non per derivazione o per adeguazione, ma per natura. Da qui la vera beatitudine di coloro che confidano in essa, a prescindere dalla loro precomprensione intellettuale, dalla loro esperienza, dal loro intendimento delle situazioni attuali o degli eventi. L’esperienza presente non pregiudica la natura divina. La nostra speranza viene allora definita “beata”, proprio quanto più si solidifica attraverso l’atto di abbandono, nonostante tutto, alla divina giustizia. Amen
Edizioni Cattoliche La Casa di Miriam 24h
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