Solo una cecità profonda – ma volontaria e responsabile – può emarginare l’opera di Maria Valtorta dalla conoscenza teologica
Maria Valtorta nella sua opera – solo biblicamente parlando – spiega i profeti, maggiori e minori, con dettagli tecnici non inferiori ai grandi biblisti della storia. Spiega ad esempio molte misteriose simbologie di Ezechiele (cf. ad esempio la visione delle acque del Tempio o quella delle ossa aride). Spiega le visioni e le profezie di Daniele (ad esempio quella delle settimane) e quelle di Zaccaria (citando nel dettaglio anche i capitoli, come ad esempio il n. 3 in riferimento al sommo sacerdote Giosuè), con perfetta cognizione storico-biblica. Interpreta le visioni angeliche dell’Antico Testamento, rapporta la predicazione di alcuni profeti minori, come Aggeo e Abacuc, all’economia di Cristo. Spiega la profezia di Michea sul Messia betlemmita, conosce persino il Midrash e l’Haggadah. Evoca Giobbe come si trattasse di un suo conoscente e le sofferenze di Geremia come fossero le sue. Nei dettagli riesuma alcuni passi legislativi del Levitico e non le sfugge nulla dell’intendimento della Legge di Mosè al tempo di Gesù, né delle contese teologiche ed ermeneutiche tra i rabbini di quel tempo. Si potrebbe commentare molto estesamente la teologia biblica di Maria Valtorta, sebbene lei stessa teologa non fosse, e nemmeno una grande conoscitrice dell’Antico Testamento. E tuttavia, persino alcune delle discipline più recenti, come la narratologia biblica, vengono immensamente arricchite dal suo contributo intellettuale. Solo una cecità profonda – ma volontaria e responsabile – può emarginare l’opera di Maria Valtorta dalla conoscenza ecclesiastica. Amen.
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