Sullo scandalo della croce – S. Giustino, Dialogo con Trifone
“Disse Trifone: ‘Sappi che tutta la nostra razza attende il Cristo e che riconosciamo che tutte le scritture da te citate si riferiscono a lui […]. Ma che il Cristo sia stato così ignominiosamente crocifisso, di questo proprio non sappiamo risolverci. La legge infatti dice che chi è crocifisso è un maledetto, per cui su questo punto la mia refrattarietà raggiunge il culmine. Che le Scritture proclamino un Cristo sofferente, questo è chiaro, ma che lo dovesse essere di un supplizio maledetto dalla Legge, di questo vogliamo conoscere le prove, se le hai’.
Disse allora Giustino: ‘Se il Cristo non avesse dovuto patire, se i profeti cioè non avessero predetto che sarebbe stato condotto a morte dagli iniqui del popolo, che sarebbe stato disprezzato, flagellato, annoverato tra gli empi e condotto come pecora al macello, lui, la cui nascita nessuno è in grado di raccontare, come dice il profeta (cfr. Is 53,7ss.), allora sarebbe giusto meravigliarsi. Ma se invece proprio questo è quanto lo contraddistingue e lo significa a tutti, come non avremmo avuto il coraggio di credere in lui? E chi ha compreso la parola dei profeti dirà che è lui il Cristo, solo che abbia sentito dire che è stato crocifisso’.
Disse Trifone: ‘Facci strada sulla scorta delle Scritture, in modo che anche noi ti crediamo. Sappiamo infatti che deve soffrire ed essere condotto come pecora: dimostraci che doveva anche essere crocifisso e morire in un modo così turpe e ignominioso, di una morte maledetta dalla Legge. Non ci riesce infatti di concepire questo’.
Disse Giustino: ‘Sappi che ciò che i profeti hanno detto e compiuto lo hanno rivelato, come voi stessi riconoscete, attraverso parabole e figure, così da non rendere facile a chiunque comprenderne la massima parte. Essi hanno celato la verità in esse racchiusa in modo che coloro che la ricercano devono trovarla e apprenderla a prezzo di fatica […]. Mosè per primo ha svelato il senso di questa sua apparente maledizione attraverso i segni che ha compiuto […]. Egli innalzava preghiere a Dio distendendo le mani da una parte e dall’altra, mani che Or e Aronne sostennero per tutto il giorno perché non le abbassasse per la stanchezza. Se infatti è riportato nelle Scritture di Mosè, veniva meno qualcosa di questa posizione che imitava la croce, il popolo aveva la peggio; se invece manteneva quella posizione era Amalek che veniva vinto. Così la sua forza era la forza della croce. Infatti non era perché Mosè pregasse in quella posizione che il popolo diventava più forte, ma perché, apertasi la battaglia nel nome di Gesù, egli riproduceva il segno della croce. Chi di voi infatti non sa che è soprattutto la preghiera con gemiti e lacrime che rabbonisce Dio, e quella fatta tenendosi faccia a terra e con le ginocchia piegate? In questo modo, seduto su una pietra, Mosè stesso non aveva mai pregato, né altri lo hanno fatto dopo di lui. Anche la pietra, come ho già dimostrato, aveva valore simbolico in riferimento a lui.
Anche in un altro modo Dio volle significare la forza della croce, quando disse per mezzo di Mosè nella benedizione rivolta a Giuseppe: <<Abbia la sua terra la benedizione del Signore nelle stagioni del cielo e nella rugiada, nell’abisso di sorgenti dal basso, nel ritorno periodico dei frutti del sole, nelle congiunzioni dei mesi, nella sommità dei monti antichi, nella sommità dei colli, nei fiumi perenni, nei frutti della pienezza della terra. Che i favori di colui che è apparso nel roveto vengano sul capo di Giuseppe e sulla sua testa. Primogenito glorificato tra i suoi fratelli, come di toro è la sua bellezza, corna dell’unicorno le sue corna. Con esse scornerà tutte le genti insieme fino all’estremità della terra>>.
Nessuno potrebbe dire e dimostrare che le corna dell’unicorno si riferiscono ad altra realtà o raffigurazione che non sia la figura che rappresenta la croce. Il corno unico è infatti il legno ritto la cui parte superiore si sporge in alto come un corno quando viene innestato il legno trasversale, le cui estremità vengono ad essere come corna a lato dell’unico corno. Anche la parte piantata nel mezzo, sui cui poggiano coloro che vengono crocifissi, sporge come un corno e va quindi vista anch’essa come un corno foggiato e fissato come gli altri corni. Quanto all’espressione: <<Con esse scornerà tutte le genti insieme fino alle estremità della terra>>, essa indica ciò che è avvenuto attualmente in tutte le nazioni: sono infatti scornati, cioè trafitti, coloro che da tutte le genti, a motivo di questo mistero della croce, si sono volti dai demoni e dagli idoli vani al culto di Dio, mentre a coloro che non credono è mostrata la stessa raffigurazione della croce a loro rovina e condanna. Allo stesso modo, all’epoca dell’uscita del popolo ebreo dall’Egitto, grazie alla figura simbolica rappresentata dall’estensione delle mani di Mosè e dalla denominazione del figlio di Navè con il nome di Gesù, Amalek fu battuto e Israele prevalse.
Anche per mezzo della figura e del segno opposto ai serpenti che hanno morso Israele appare che l’innalzamento del serpente è stato per la salvezza di quanti credono che in quell’occasione veniva preannunciato che, grazie a colui che sarebbe stato crocifisso, sarebbe giunta la morte per il serpente e la salvezza per quelli che, morsi da quest’ultimo, si rifugiano in colui che ha inviato nel mondo il Figlio suo crocifisso. Infatti non è che tramite Mosè lo spirito profetico abbia voluto insegnarci a credere nel serpente, dal momento che fa vedere che esso in origine fu maledetto da Dio e in Isaia rivela che sarebbe stato eliminato come un nemico per mezzo della grande spada (Is 27,1) che è poi il Cristo […]”
S. Giustino, Dialogo con Trifone, qui nella traduzione a cura di G. Visonà, Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1988, pp. 281-286.
Edizioni Cattoliche La Casa di Miriam 24h
Piazza del Monastero, 3 – Torino
www.lacasadimiriam.altervista.org